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Diabete: nelle donne è diverso e anche più pericoloso

Il diabete al femminile è più pericoloso. Per questo va affrontato in modo corretto partendo proprio dalle donne, veicolo di cambiamento e prevenzione per tutta la famiglia. Di Annarita Felcini   Il diabete è una malattia che colpisce di solito più gli uomini che le donne. Tuttavia, tale tendenza cambia radicalmente soprattutto dopo i 75 anni di vita: da questa età in poi, infatti, il numero di donne affette da diabete cresce e supera quello degli uomini.   Si stima che in totale ci siano 143 milioni di donne affette da diabete in tutto il mondo, un numero che si crede possa arrivare a 222 milioni entro il 2030. In Italia, le donne con diabete di tipo 2 sono circa 2 milioni, tantissime altre quelle a rischio perché sovrappeso od obese, sedentarie, fumatrici, ipertese o con il colesterolo alto.   Durante l’ultima “Giornata Mondiale del Diabete” dello scorso 14 novembre, promossa dalla International Diabetes Federation, si è parlato quasi esclusivamente della malattia “al femminile”: perché rispetto agli uomini le pazienti stanno aumentando, perché la patologia ha spesso complicanze peggiori nelle donne presentando una maggiore mortalità, ma anche perché le donne possono essere un veicolo di cambiamento e prevenzione per tutta la famiglia.   Anche se le caratteristiche del diabete sono molto simili tra le persone, a causa del diverso profilo ormonale e delle notevoli differenze metaboliche (che si manifestano con cicliche fluttuazioni, e durante le diverse fasi della vita: adolescenza, periodo fertile, gravidanza, menopausa), le donne tendono a presentare condizioni particolari che influenzano il controllo della malattia. Ad esempio, le complicazioni cardiovascolari associate al diabete sono più comuni nelle donne che negli uomini. Ed è risaputo che le malattie cardiovascolari sono una delle principali cause di morte nei paesi sviluppati.   “Il rischio cardiovascolare associato al diabete è maggiore nelle

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Clima futuro della Terra: simile a quello di 50 milioni di anni fa

Uno studio condotto da ricercatori di Università statunitensi e britanniche mostra che, se non si inverte l’attuale tendenza al riscaldamento globale, le condizioni ambientali sulla Terra ritorneranno a quelle sperimentate nell’Eocene. Ma allora l’uomo non c’era. DI Annarita Felcini   È stato pubblicato il 10 dicembre scorso sulla prestigiosa PNAS (la rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti) lo Studio “Pliocene and Eocene provide best analogs for near-future climates”, condotto da un team di ricercatori di Università statunitensi e britanniche, secondo cui entro il 2030 il clima sulla Terra assomiglierebbe a quello del Pliocene, ultima epoca dell’era cenozoica, compreso tra 5 e 2 milioni di anni fa, mentre al 2150 si retrocederebbe alle condizioni caldo umide dell’Eocene di 50 milioni di anni fa.   “Se pensiamo al futuro in termini di passato, dove stiamo andando è un territorio del tutto inesplorato per la società umana – ha affermato Kevin Burke, ricercatore presso il Nelson Institute for Environmental Studies dell’Università del Wisconsin-Madison e principale autore dello Studio – Ci stiamo muovendo verso cambiamenti molto drammatici in un lasso di tempo estremamente rapido, invertendo la tendenza al raffreddamento del Pianeta nel giro di due secoli”.   Tutte le specie oggi sulla Terra hanno avuto un antenato che era vissuto durante l’Eocene e il Pliocene, osservano i ricercatori; tuttavia resta da vedere se gli esseri umani, la flora e la fauna che conosciamo possano adattarsi a questi rapidi cambiamenti, dal momento che la velocità è tale che nessun altra forma di vita sul Pianeta l’ha mai sperimentata prima.   “Le persone hanno difficoltà a immaginare come sarà il mondo tra cinque o dieci anni – ha sottolineato John Williams professore di Geografia all’UW-Madison, co-autore del nuovo studio – ma noi possiamo usare il passato come metro per capire il futuro, che è molto

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Natale e cibo: come mangiare sano e non ingrassare

Mangiare sano a Natale e riuscire a non ingrassare, vanificando la silhouette dell’estate, è possibile. Basta seguire alcuni semplici consigli per ritrovarsi in forma anche a gennaio. Di Annarita Felcini Natale e Capodanno sono ormai alle porte. E oltre allo stress dei regali, degli inviti dell’ultimo minuto, dei parenti in arrivo, noi donne abbiamo anche l’ansia di non ingrassare troppo per non vanificare la silhouette raggiunta in estate, i sacrifici fatti in palestra negli ultimi mesi, e soprattutto ritrovarsi inevitabilmente, il primo gennaio, con qualche rotolino di troppo.   I buoni propositi si sprecano, ma il percorso da qui al nuovo anno è lastricato di tentazioni di ogni genere, che attentano alla linea e perfino al buonumore. Panettoni, pandori, torroni, spumanti, faraone ripiene, baccalà, tortellini, agnolotti e ravioli, pani speziati e chi più ne ha più ne metta: durante le feste natalizie mangiare sano e mantenersi in forma sembra davvero una “missione impossibile”!   In realtà, basta mettere in pratica qualche piccolo accorgimento per continuare a mangiare bene anche durante le vacanze di fine anno, mantenendo i risultati della nostra dieta, senza rinunciare a godere delle prelibatezze della tavola e senza aumentare di peso.   Eccone alcuni: Non arrivate con una fame smisurata a tavola. Si rischia di abbuffarsi senza controllo! Il consiglio è quello di mangiare qualcosa prima, preferendo piccole porzioni a base proteica. Le proteine, infatti, sono un grande aiuto per bilanciare gli zuccheri nel sangue e mantenere alto il livello di sazietà più a lungo. Bevete molta acqua. Non dimentichiamo di bere un bel bicchiere d’acqua prima di affrontare i piaceri di una tavolata in festa, per mantenere un livello di idratazione adeguato al nostro corpo. Pensate prima di mangiare. La concentrazione aiuta a mangiare con calma, lentamente, assaporando e masticando accuratamente ogni boccone. Pensare a ciò

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SUBACQUEA RICREATIVA: PIÙ GIOCO CHE SPORT PER VIVERE IL MARE

Curiosità, consapevolezza, sicurezza aprono le porte di un mondo meraviglioso all portata di tutti. Di Alberto Piastrellini La Creatura, una massa di materia vivente rosa shocking coperta di appendici e tozzi tentacoli, si muove lentamente strisciando sulla roccia coperta di concrezioni gialle, arancioni e viola… Nel frattempo lei sperimenta la sensazione di libertà assoluta data dall’assenza di peso; lui, il senso dell’udito amplificato. La loro vista si perde a scoprire colori mai visti che si accendono al passare della fonte di luce portatile… Il brivido dell’ignoto, il richiamo dell’abisso e l’abbraccio di una dimensione neanche tanto aliena che li riaccoglie in sé dopo una separazione di milioni di anni. Non è la fantasia di un viaggio interstellare ancora di là da venire, né il sogno lisergico di qualche poeta maledetto, è l’esperienza di rivelazione che porta con sé i primi “passi” nella subacquea ricreativa con autorespiratore (nello specifico, l’incontro con un nudibranco Flabellina affinis, spettacolare rappresentante di quei molluschi senza conchiglia veri e propri “gioielli del mare”). Un’attività alla portata di tutti e di tutte le età che si può provare con un minimo di preparazione fisica (sappiate che in palestra si fatica molto, ma molto di più), un piccolo investimento in termini di tempo (le attrezzature specifiche verranno poi, all’inizio si possono anche affittare) e una buona dose di curiosità e di voglia di mettersi in gioco. Le possibilità sono tante e variamente distribuite sul territorio nazionale: Scuole, Diving, Piscine attrezzate, Associazioni sportive e istruttori, si trovano un po’ dappertutto, non solo in località di mare; il web in questo senso è un ottimo punto di partenza per valutare dove iniziare e quale didattica seguire. Perché se immergersi con autorespiratore è un’attività bellissima, appagante ed emozionante, è pur vero che qualche regola teorica e pratica bisogna conoscerla, e conoscerla

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Microplastiche: come si formano, dove stanno, che fine fanno

Lo stato di salute dei mari ci fa riflettere sull’uso di prodotti cosmetici, tessili ed imballaggi che contribuiscono alla produzione di rifiuti che spesso, poi, ci tornano sul piatto. Di Eleonora Sbaffi   Si sente sempre più spesso parlare del problema delle microplastiche, disperse soprattutto in mare, causa di effetti nocivi sull’ambiente e, forse, sulla salute dell’uomo. Ma com’è nato il fenomeno e perché ha raggiunto tali dimensioni da costituire un’allerta globale?   La microplastica è quel materiale eterogeneo e microscopico che si trova in sospensione nei mari del mondo. Deriva dalla frantumazione di pezzi più grandi di plastica galleggiante causata dal moto ondoso, dall’attrito con delle rocce e dall’azione dei raggi UV del sole. Questo materiale che non si biodegrada, spesso si raggruppa in grandi “isole” che prima o poi affondano e si sbriciolano, col tempo, in minuscole particelle.   A questo punto entrano nella catena alimentare, ingerite dapprima da microorganismi che a loro volta sono mangiati da predatori sempre più grandi, fino ad arrivare ai pesci che consumiamo come alimento.   Ma non è solo la nostra incuria nella gestione dei rifiuti a creare i presupposti delle microplastiche in mare. Molte ci arrivano attraverso vie più dirette; ad esempio, quelle che si trovano all’interno delle creme esfolianti e in certi prodotti cosmetici come glitter e scrub… che contengono microsfere e chip in polietilene.   Le microplastiche nei prodotti cosmetici Questo materiale è presente in quantità considerevoli nella maggior parte dei prodotti che usiamo per la cura del nostro corpo; un articolo apparso su “La Stampa” afferma che solo in Italia ci sono 37 aziende che producono ben 81 prodotti che contengono plastica e che vengono venduti come naturali. Parliamo di docciascrub, creme esfolianti ma anche dentifrici. Il problema nasce dal fatto che i filtri degli scarichi delle nostre

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YOGA, benessere interiore o piacere estetico?

Disciplina millenaria ormai praticata in tutto il mondo non solo per i suoi benefici fisici e mentali ma anche business che attira sempre più persone. Di  Eleonora Sbaffi   Lo Yoga, disciplina orientale per eccellenza, è sempre più praticato in Italia, tanto che da gennaio 2018 è iscritto al registro nazionale CONI delle Discipline Sportive divenendo, quindi, uno Sport Nazionale riconosciuto a tutti gli effetti.   Nasce in India come disciplina benefica, per raggiungere l’equilibrio fra corpo e mente proprio in un ambito culturale ove le due cose, a differenza dell’Occidente, sono strettamente connesse e, nel tempo, anche grazie alle esperienze dei “pionieri” europei del primo ‘900 e dell’esplosione oriental-spiritualista degli anni ’60, negli ultimi anni diventa una vera e propria filosofia di vita che per taluni sfocia in un vero e proprio stile.   Sono infatti, sempre di più le persone che iniziano a praticare le diverse discipline dello Yoga; solo in Italia si stima che sono circa 2 milioni i praticanti.   Qual è la ragione di questa diffusione? Quali benefici apporta al corpo e alla mente? Con la sola pratica dell’asana, ovvero la branca dell’Hatha Yoga che si basa su determinate posizioni del corpo, sono diversi i miglioramenti a livello fisico che possiamo notare: miglioramenti della postura, allungamento dei muscoli e aumento della flessibilità articolare. Anche il tono dei muscoli migliora visto che si lavora in modo isometrico, ovvero, contraendo i muscoli in posizioni statiche.   Le asana sono tutte accompagnate da una respirazione alternata molto precisa. Ciò provoca effetti sull’umore e sulla concentrazione; sia mentre si pratica la disciplina, sia nella vita di tutti i giorni. Con il respiro, infatti, si gestisce la parte emotiva e istintiva del nostro corpo che possiamo imparare a conoscere e controllare. Anche l’ansia e lo stress, diminuiscono con un’adeguata respirazione

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Salute dei bambini: a grave rischio per inquinamento atmosferico

Il Rapporto dell’OMS su “Salute dei Bambini e Inquinamento Atmosferico”, presentato alla vigilia della 1ma Conferenza Mondiale sull’Inquinamento Atmosferico e la Salute, stima che nel 2016, 600.000 bambini siano morti per infezioni acute delle vie respiratorie causate da aria inquinata, e molti rischiano di manifestare nel corso della vita malattie croniche, come quelle cardiovascolari.   di Anna Rita Felcini   In occasione della prima Conferenza Mondiale sull’Inquinamento Atmosferico e la Salute (Ginevra, 30 ottobre – 1° novembre 2018), organizzata dall’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità), in collaborazione con UNFCCC (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici), è stato presentato il Rapporto Inquinamento Atmosferico e Salute dei Bambini (Air Pollution and Child Health). Ogni giorno circa il 93% dei bambini di età inferiore ai 15 anni (1,8 miliardi di bambini) respira aria così inquinata da metterne in serio pericolo la salute e lo sviluppo, e molti di loro muoiono prematuramente: l’OMS stima che nel 2016 siano morti 600.000 bambini a causa di infezioni acute delle basse vie respiratorie, determinate sia dall’inquinamento atmosferico che da quello ambientale (esterno) e domestico (indoor). “L’inquinamento atmosferico sta avvelenando milioni di bambini e rovina le loro vite – ha affermato il direttore WHO, Tedros Adhanom Ghebreyesus – Questo è imperdonabile. Ogni bambino avrebbe il diritto di respirare aria pulita in modo che possa crescere e realizzare la propria potenzialità”. Nel Rapporto si sottolinea che quando le donne sono incinta, l’esposizione all’aria inquinata fa aumentare le probabilità di partorire prematuramente, di avere figli più piccoli e di peso inferiore alla nascita. L’inquinamento atmosferico influisce anche sullo sviluppo neurologico e sulle capacità cognitive e può scatenare asma e cancro infantile. I bambini che sono stati esposti ad alti livelli di inquinamento atmosferico possono essere maggiormente a rischio, più avanti nella vita, di malattie croniche, come le malattie

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I benefici dello sport in gravidanza

Fare attività fisica durante i nove mesi di gestazione non è solo possibile, ma anche consigliabile. Ecco gli sport raccomandati per mantenersi in forma fino al momento del parto. di Anna Rita Felcini   La gravidanza non è una malattia e, se non si hanno particolari problemi di salute, si può vivere tranquillamente senza modificare più di tanto le proprie abitudini. Nei primi mesi, però, soprattutto alla prima esperienza, sono molti i dubbi e le paure che sorgono nella mente delle donne. Uno tra i tanti è proprio quello che riguarda lo sport: possiamo continuare a praticare qualche attività senza danneggiare il nostro bambino?   Assolutamente sì. Fare attività fisica durante i nove mesi di gestazione (purché praticata senza eccessi) non è solo possibile, ma anche consigliabile, naturalmente non per chi è in condizioni di rischio. Le future mamme possono godere di grandi benefici se continuano ad allenarsi anche con il pancione. Una ricerca americana condotta dalla Thomas Jefferson University, su più di 2 mila donne, dimostra addirittura che i parti pretermine prima delle 37 settimane di gestazione non aumentano in caso di attività fisica protratta. Non solo: la probabilità di cesarei scende al 17% fra le mamme attive, rispetto al 22% fra quelle che smettono di allenarsi. “Fare esercizio fisico in maniera moderata durante la gravidanza è del tutto raccomandato – spiega Daniela Galliano, direttrice del Centro IVI di Roma per la riproduzione assistita – Mantenere il corpo attivo aiuterà la donna a stare meglio fisicamente e, dunque, a sopportare i fastidi caratteristici dei primi mesi della gravidanza”. Lo sport rappresenta un vero e proprio toccasana per le future mamme, ma anche per i bambini nella pancia: aiuta l’ossigenazione del corpo, concilia meglio il sonno, permette di tenere sotto controllo l’aumento di peso, favorisce una buona circolazione e conserva

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