Donne e ciclismo: quando andare in bicicletta era un atto rivoluzionario

Continua il nostro viaggio alla scoperta di donne coraggiose, audaci, che hanno fatto sentire la loro voce, che non si sono arrese di fronte alle barriere sociali dei loro tempi

di Martina Stimilli

Le donne hanno condotto molte battaglie nel corso della storia, cercando di rovesciare stereotipi e pregiudizi privi di alcun fondamento. Questo è il caso delle due donne speciali: Annie Kopchovsky e Alfonsina Morini.

Annie e Alfonsina sono le protagoniste di due storie diverse ma, allo stesso tempo, strettamente legate da un fil rouge: quello della bicicletta e del ciclismo, il quale ha aperto le sue porte all’universo femminile, anche grazie alle audaci imprese compiute dalle due giovani donne.

Annie e la scommessa vincente

Annie Kopchovsky, ebrea lettone, emigrata negli Stati Uniti con la propria famiglia all’età di cinque anni, è stata la prima giovane donna a girare il mondo su due ruote.

Quale fu l’impresa che la consegnò alla memoria del ciclismo femminile e non solo, che la rese vincitrice di una lotta per l’indipendenza e l’autogestione?

Era l’estate del 1894 quando Annie decise di lasciare (a soli 23 anni) la sua casa a Boston, marito e tre figli ancora piccoli, per tentare un’impresa mai osata prima da una donna: il giro del mondo in bicicletta.Tutto nacque da una scommessa: si sosteneva che una donna non fosse in grado di compiere il giro del mondo a cavallo di una bicicletta. Come avrebbe fatto una donna a badare a sé stessa, a combattere il freddo, la pioggia e chissà quali altri pericoli?!

La sfida prevedeva un tempo di percorrenza di quindici mesi e un premio incredibile di ben 5.000 dollari. Annie non solo decise di accettarla per smentire il pregiudizio, ma colse l’occasione per lasciare un modello di vita che le stava stretto, quello che la vedeva nel ruolo di moglie e madre lavoratrice, in un’America profondamente divisa, anche dalla disparità fra i sessi.

Secondo i giornali locali la ricompensa sarebbe oscillata tra i 10.000 e i 20.000 dollari attuali se Annie fosse riuscita nell’impresa. Per augurarle buon viaggio il giorno della partenza andarono a salutarla in centinaia. Tranne il marito, e suo fratello.

Prima che Annie scomparisse all’orizzonte, però, un imprenditore locale di acque minerali finanziò con 100 dollari il suo viaggio ottenendo in cambio di incollare il marchio della Londonderry sulla bici della giovane donna. Fu così che Annie, per i media, divenne Annie Londonerry.

Resistenza e resilienza furono le parole d’ordine della donna che in un lungo viaggio introno al globo toccò Boston, New York, Chicago, Parigi, Gerusalemme, Singapore… Il Mediterraneo, l’Asia e il Giappone, ritornando a Boston come promesso, quindici mesi dopo la partenza.

Annie, in seguito, si trasferì a New York con la famiglia. Qui, firmandosi “la nuova donna” scrisse una serie di storie e reportage per il New York World. “Sono un giornalista e una donna nuova – scrisse in quegli anni – nel senso che credo di poter fare qualsiasi cosa che un uomo può fare”.

Alfonsina: Il diavolo in gonnella

In Italia, negli anni ‘20 del Novecento la bicicletta era un mezzo molto usato per condurre i quotidiani spostamenti casa-lavoro e anche le donne, sebbene in un clima ancora pregno di pregiudizi, potevano averne una. La nostra Alfonsina si distinse particolarmente, perché fu la prima donna a concorrere nel Giro d’Italia.

Alfonsina nacque in una famiglia di contadini a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena.
Ben presto si appassionò al ciclismo e prese parte a numerose competizioni locali. Nei paesi in cui sfrecciava con la sua bicicletta venne soprannominata “il diavolo in gonnella”.

Continuamente osteggiata dalla famiglia per la sua passione a 24 anni, nel 1915, sposò Luigi Strada che, invece, la incoraggiava e addirittura le regalò, il giorno delle nozze, una bicicletta da corsa nuova!
Nel 1924 partecipò, prima donna in assoluto, al Giro d’Italia.

Alfonsina, giovane e tenace, cominciò la sua pedalata, spesso sostenuta da folle di donne e uomini che per le strade la acclamavano e la incitavano a continuare.

Nella tappa L’Aquila-Perugia, purtroppo, Alfonsina arrivò fuori tempo massimo. A quel punto i giudici si divisero in due fazioni: chi voleva estrometterla e chi era favorevole a farla proseguire. Alla fine, si decise di far proseguire il Giro alla giovane, ma fuori gara. Alfonsina, amata dal pubblico, continuò la sua pedalata e fu tra i 30 corridori dei 90 ad arrivare al traguardo, a Milano.

Alfonsina aprì negli anni ‘50 a Milano un negozio di biciclette, con una piccola officina per le riparazioni: il negozio era gestito per lo più dall’audace ciclista, che fino alla fine diede tutta sé stessa alla passione per le due ruote.

Due donne diverse, appartenenti ad una società antica divisa fra intolleranza e pregiudizi, con orgoglio e ambizione, hanno difeso la loro passione, facendone uno stile di vita. Ancora una volta, vediamo come la bicicletta abbia fatto la sua parte nella lunga strada dell’emancipazione femminile. Quello che le nostre due storie ci insegnano è che i sogni, care lettrici, vanno difesi a denti stretti e qualche volta, a suon di pedalate…!

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