L’ambiguo “codice” degli abiti femminili    

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Riflessioni sul destino femminile a cura di Dacia Maraini.

“Una bambina mia parente mi ha chiesto qualche tempo fa, mentre guardavamo la televisione insieme: perché lui è tutto vestito e lei seminuda? Non sente caldo lui e freddo lei? Non stanno nella stessa stanza?”. Così si apre il capitolo intitolato “Il linguaggio degli abiti” contenuto nel nuovo libro uscito dalla penna di Dacia Maraini “In nome di Ipazia”.  La scrittrice ed editorialista ovviamente è la voce narrante che racconta la vicenda che l’ha portata ad interrogarsi sugli stereotipi di genere, ingenuamente, sollevati dalle domande legittime della piccola di casa. Una piccola però dotata di acuto spirito di osservazione, tipico dei bambini. 

E questo spontaneo dialogo ha consentito all’autrice di riflettore, forse ancora una volta, sull’eterno diverso “codice della seduzione”. Gonne corte, tacchi altissimi e scomodi, bustini strizza seno e tanto altro ancora sono forse, in certi casi, pure esteticamente attraenti, ma a quale fine? E soprattutto: a quale prezzo? Ovviamente nelle stagioni estive il caldo induce a spogliarsi, ma di pari passo si dovrebbe tenere a mente un codice di comportamento culturale. “E qui dobbiamo convincerci – prosegue la Maraini – che nonostante la tanto auspicata emancipazione femminile, le donne ancora non credono alla forza e all’autonomia del loro pensiero, delle loro parole”. Parole nette che risuonano come un monito. L’abito che si indossa è una precisa scelta perché, citando testualmente “nessuno veste senza sapere che quello che indossa parla e senza sapere a chi si rivolge quella parola fatta di colori e di forme”. 

“E il fascino seduttivo del femminile dove lo mettiamo?” verrà spontaneo chiedersi. Seguendo le riflessioni di Maraini il rischio di uno scivolone legato ad una smodata ostentazione del corpo femminile è, come si dice, dietro l’angolo. È sempre Maraini a sottolineare che “più si mette in evidenza il linguaggio della seduzione e più si oblitera la forza della intelligenza e della originalità delle idee”. Idee che invece sono al centro di questa pubblicazione avvenuta con Solferino editore nel 2023. Non è un caso che sia proprio la Maraini a mettere in guardia le donne, lei che è figlia di una donna sui generis quale fu Topazia Alliata.

Il ricordo della figura materna è stato infatti scelto per la quarta di copertina. “Sento ancora la voce di mia madre che sorridendo dice: non importa quello che dicono gli altri, ma la prima fedeltà alle proprie idee viene da te, accompagnata dalla stima per te stessa. E questa stima devi tenerla sempre alta”. Una prospettiva, questa, che non può prescindere da un lavoro personale su sé stesse. Solo così ci si potrà defilare dall’abbracciare in pieno quello stereotipo che la Maraini, e noi con lei, si è propensi a definire “ambiguo”. Perché il cosiddetto fascino femminile che rimanda alla mera corporeità è sì più immediato ed accettato ma è davvero questo il biglietto da visita con cui le donne vogliono presentarsi al mondo?     

Di Maria Teresa Biscarini

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