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Belladonna: l’erba delle streghe

Grazie alla presenza di allucinogeni, la belladonna era un ingrediente irrinunciabile nella preparazione degli unguenti e nelle pratiche di stregoneria, dando alle streghe la sensazione di volare. Di Agnese Mengarelli La belladonna è una delle piante più utilizzate in farmacologia, ma anche tra le più pericolose nella storia della medicina. In Italia cresce fra cespugli e nelle radure dei boschi di latifoglie nelle zone montane delle Alpi e degli Appennini ed emana un odore acre e nauseabondo. Presenta dei bei fiori rossi e le sue bacche sono ricche di alcaloidi come la scopolamina e l’atropina.Queste due sostanze sul piano fisico produce una serie di alterazioni tra cui tachicardia e disturbi dell’equilibrio; mentre sul piano psichico provoca eccitazione, confusione, allucinazioni e l’impressione di avere la pelle ricoperta di squame, peli o piume con la conseguenza di far credere in trasformazioni bestiali. Proprio per queste proprietà nel Medioevo la belladonna era chiamata l’”erba delle streghe” perché era un ingrediente irrinunciabile per preparare quegli unguenti che, una volta spalmati sul corpo delle streghe, davano la sensazione di volare. Come per tutte le erbe tossiche, anche la belladonna era usata per la sua capacità di cacciare gli spiriti maligni: infatti, in tempi passati all’inizio dei viali si piantavano cespugli di belladonna per proteggere la casa dalle energie negative. La belladonna era usata anche in cosmetica fino al 1800, per rendere lo sguardo più seducente: le gocce di belladonna in acqua distillata producevano una sorta di collirio in grado di dilatare le pupille che, secondo certi canoni di bellezza ormai superati, rendevano le ragazze più attraenti. Il nome belladonna però non deve trarre in inganno, in quanto questa pianta è un veleno molto potente in grado di uccidere una persona. Gli antichi la usavano, infatti, per avvelenare gli avversari e i nemici in battaglia. Sembra

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