Anna Rita Rossi

La Venere di Botticelli: simbolo di bellezza femminile nell’arte

La Venere di Botticelli che fluttua leggera su una conchiglia posata sull’acqua è la raffigurazione dell’ideale universale e perfetto di bellezza femminile nell’arte. Il famoso dipinto che raffigura la dea dell’amore di Sandro Botticelli (1445 – 1510) è conosciuto da tutti come “La nascita di Venere”, ma in realtà non rappresenta tale evento, bensì l’approdo della dea sull’isola di Cipro. Quest’opera, considerata un po’ come il simbolo del Rinascimento italiano, è stata realizzata da Botticelli con la tecnica della tempera su tela di lino. Attualmente, si può ammirare “La nascita di Venere” agli Uffizi, mentre all’epoca della sua creazione era ospitata nella villa medicea di Castello, probabilmente, era posta a fianco dell’altrettanto famosa “Primavera” dello stesso artista. I due dipinti hanno condiviso non solo il luogo in cui erano esposti, bensì anche le vicende storiche che hanno portato alla loro creazione. Sappiamo dalle sue stesse parole che Giorgio Vasari (1511 – 1574) vide il dipinto di Botticelli, nel 1550, ma non conosciamo con sicurezza l’anno in cui fu realizzato. La tesi più accreditata propone il 1486. Per quanto riguarda le fonti, si ritiene che l’impianto della raffigurazione risalga all’opera del poeta Angelo Poliziano (1454 – 1494), “Stanze de messer Angelo Poliziano cominciate per la giostra del magnifico Giuliano di Pietro de Medici” (più note come “Stanze per la giostra”; opera incompiuta in lingua volgare), in particolare a una di queste “Stanze”. L’opera del Poliziano a sua volta attingeva ad Ovidio, alla “Teogonia” di Esiodo, al “De rerum natura” di Lucrezio e persino a un inno di Omero. Ne “La nascita di Venere” sono presenti quattro personaggi: Venere al centro che pare avanzare nell’acqua leggermente increspata a bordo di una conchiglia. La sua bellezza, la nudità e la posa aggraziata la equiparano a una statua antica. Ai lati sono raffigurati: alla

Read More »

LeggiLa Venere di Botticelli: simbolo di bellezza femminile nell’arte

Rosina de “Il Barbiere di Siviglia”: un perfetto mix di arguzia e innocenza

Ne “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini l’astuzia e l’amore sono i due ingredienti principali della storia. Rosina, personaggio femminile protagonista di quest’opera buffa, si fa portavoce di entrambi. Rosina è la protagonista femminile de “Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini (1792 – 1868). Leggendo la trama dell’opera scopriamo che è giovane e bella e che vive in casa del suo tutore, il dottor Don Bartolo. Nella cavatina (o aria di sortita, aria con cui in un’opera lirica italiana i personaggi si presentano in scena), “Una voce poco fa” (Atto primo – scena V), è lei stessa a fornirci indicazioni precise sulla sua personalità: “Io sono docile, – son rispettosa, sono ubbediente, – dolce, amorosa; mi lascio reggere, – mi fo guidar”. Fin qui tutto bene, però, dopo un significativo “ma”, la ragazza si affretta ad aggiungere: “se mi toccano – dov’è il mio debole, sarò una vipera – e cento trappole prima di cedere – farò giocar”. Da queste ulteriori affermazioni comprendiamo che, dietro l’apparente aria innocente e remissiva del personaggio si nasconde ben altro: Rosina è una giovane furba e determinata, pronta anche a “mordere”, se il caso e la situazione in corso lo richiedono. La storia prende il via da uno scambio di sguardi al Prado e da una conseguente infatuazione tra Rosina e un giovane sconosciuto. L’uomo di cui Rosina si è innamorata è un ricco nobile, il conte di Almaviva che la ricambia, purtroppo, la ragazza può solo vagheggiare sogni d’amore, perché il suo tutore la tiene sotto chiave. In pratica, la giovane vive come una reclusa, ma come si dice, “fatta la legge, trovato l’inganno”: l’aiuto provvidenziale per coronare i suoi sogni le verrà da un simpatico e astuto tuttofare che frequenta la casa, Figaro, un giovane barbiere che, guarda caso, è anche

Read More »

LeggiRosina de “Il Barbiere di Siviglia”: un perfetto mix di arguzia e innocenza

Caterina II di Russia: imperatrice illuminata, mecenate e “Grande” donna

Molte donne hanno lasciato un segno tangibile nella storia, grazie alla loro intelligenza e alle loro capacità. Caterina II di Russia ha addirittura guadagnato l’appellativo di “Grande”. Di Anna Rita Rossi Nel saggio-romanzo di Virginia Woolf “Una stanza tutta per sé” (A Room of One’s Own) del 1929, considerato un testo cult della seconda ondata del movimento femminista degli anni ’60, la scrittrice inglese afferma che “For most of history, Anonymous was a woman” (Per gran parte della storia, l’Anonimo era donna). Più tardi questa affermazione è stata aneddotticamente trasposta in “Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”. Ma non tutte le donne sono rimaste alle spalle di un uomo, molte sono emerse dall’ombra e hanno brillato di luce propria, ritagliandosi nella storia un posto unico e ben definito. Una di queste è stata Caterina II di Russia, nota come, Caterina la Grande. Era il 17 novembre 1796, Caterina si era alzata e, come di consueto, aveva bevuto il suo caffè. Si era poi dedicata alla corrispondenza e agli studi e più tardi, era andata nel suo gabinetto privato. Preoccupato per la sua prolungata assenza, il suo attendente Zakhar Zotov aveva aperto la porta della stanza e aveva trovato l’imperatrice distesa sul pavimento: il volto violaceo, il polso debole, il respiro rantolante. Sollevata e condotta nella sua camera, Caterina fu visitata dal protomedico di corte, John Rogerson, chiamato d’urgenza, che diagnosticò che l’imperatrice aveva avuto un attacco cardiaco. Ogni tentativo di rianimarla fu vano e Caterina non si riprese più dal coma e alle 21:45, morì. Così si concluse la grandiosa vita di Caterina II, ovvero Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst. Caterina non era bella: aveva il naso troppo lungo; il mento era pronunciato; le labbra erano sottili e i suoi grandi occhi azzurri lanciavano sguardi severi e

Read More »

LeggiCaterina II di Russia: imperatrice illuminata, mecenate e “Grande” donna

Unghie: una lunga storia tra distinzione sociale, arte, moda e seduzione

Unghie, le abbiamo sempre sotto gli occhi, ma quanti sanno che la loro decorazione ha una storia lunghissima fatta di mille sfumature di colore e ricca di connotazioni sociali? di Anna Rita Rossi Per risalire ai primi esempi di decorazione e cura delle unghie bisogna risalire a circa 5000 anni fa, dei reperti archeologici testimoniano tali consuetudini presso gli egizi e le dinastie orientali, in particolare, quella cinese. In Asia, nell’età del bronzo, le unghie si decoravano con tintura all’henné ottenuta dalla riduzione in polvere di alcune foglie essiccate. In seguito, in Mesopotamia, le unghie si dipingevano con vernici ottenute da zolfo e vari altri minerali, ma era una pratica di esclusivo appannaggio maschile, e in base al colore applicato si identificava la classe sociale di appartenenza: il nero era il colore dei nobili; il verde quello dei ceti inferiori. In quello stesso periodo, in Cina, anche le donne iniziano a decorarsi le unghie, utilizzando tinture vivaci derivate da pigmenti floreali. Le dinastie reali utilizzavano anche pietre preziose o altri ornamenti, come lamine d’oro per allungare le unghie. Tipo di decorazione, colore e lunghezza erano anche in Cina sinonimo di diversi tipi di potere e ruolo sociale. In Egitto, come in Mesopotamia e in Cina, il colore era rivelatore della classe sociale di appartenenza. Le donne di bassa estrazione si dipingevano le unghie con colori pastello, mentre quelle appartenenti a ranghi elevati usavano il rosso che aumentava di intensità con l’accrescersi della posizione sociale della persona che lo esibiva. Faraoni e regine decoravano le loro unghie con un rosso scuro. Per diversi secoli la nail art ebbe una notevole diffusione e fortuna, finché non subì un arresto nel Medioevo: in questo periodo ci si preoccupa meno della cura della persona; con il Rinascimento, la decorazione delle unghie torna in auge.

Read More »

LeggiUnghie: una lunga storia tra distinzione sociale, arte, moda e seduzione

Seta: l’affascinante storia di un tessuto che ha fatto la storia

Vi siete mai chiesti da dove arriva e come sia stato prodotto quel prezioso indumento di seta che indossate?Se l’aveste fatto, ora sapreste che i racconti più affascinanti riguardano cose comuni, con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. di Anna Rita Rossi Taffetà, Georgette, Chiffon, Organza, Raso, Lampasso, Broccatello, Velluto, Damasco, Crêpe, Shantung, e la lista è ancora lunga. Di sicuro riconoscerete qualche nome tra questi, altri vi saranno ignoti, eppure sono tutti tessuti di seta. Nel vostro guardaroba forse custodite gelosamente qualche camicia o un vestito di seta e indossandoli, quasi sicuramente, non vi siete mai chiesti da dove provenga il tessuto di cui sono fatti. La seta ha una lunga storia e per reperirne le origini dobbiamo spostarci nel XXVIII secolo a.C. e affidarci a una leggenda che narra di una giovane imperatrice cinese, Lei-Tsu o Xi Ling Shi, giovane moglie dell’Imperatore Giallo che nel suo giardino sta sorseggiando un tè, all’improvviso, un bozzolo di un baco precipita nella sua tazza; la giovane – magari indispettita per l’accaduto – toglie il bozzolo è si accorge che si sfila; nota la lucentezza e poi, valuta la resistenza di quello strano filo e capisce che può essere tessuto. Se dalla leggenda passiamo alla storia, veniamo a sapere che, quasi sicuramente, l’allevamento del baco da seta è iniziato in Cina tra il 2500 e il 3000 a.C., anche se alcuni sostengono sia iniziato nel 600 a.C., in India. Le vesti di seta prodotte in quel periodo erano un bene di lusso e potevano permettersele solo le categorie sociali più abbienti. All’inizio, i cinesi cercarono di mantenere il riserbo sulla loro scoperta, ma ben presto, la sericoltura si diffuse in Giappone, in Corea e in India; tramite gli arabi giunge nei paesi del Mediterraneo, intorno all’anno 1000 o 1100 d.C.

Read More »

LeggiSeta: l’affascinante storia di un tessuto che ha fatto la storia

Il Caffè: una bevanda inebriante con doti divinatorie

Un lieve mormorio, a seguire un profumo prepotente che si diffonde nell’aria: segnali ben noti a chi ama il caffè, una delle bevande più diffuse e amate in tutto il mondo. di Anna Rita Rossi Le origini del caffè pare siano piuttosto lontane: ricercatori hanno trovato scritti risalenti al X secolo che indicano come fosse utilizzato come medicina.Una leggenda attribuisce la scoperta del caffè a un pastore etiope che aveva notato gli effetti energizzanti di alcune bacche rosse sulle sue pecore.Con il tempo, dalle bacche si ottenne una bevanda che dall’Etiopia si diffuse in Yemen, dove venne creata la prima piantagione, poi il caffè fu gradualmente coltivato anche in Arabia ed Egitto.Per assaporare questa preziosa bevanda, gli europei dovranno attendere il XVII secolo e l’intraprendenza dei commercianti veneziani. Ai nostri tempi, vengono consumate ben 4 miliardi di tazzine al giorno e per qualcuno, specie di mattina, il caffè è diventato un vero e proprio “rito del risveglio”.Questa bevanda ha avuto famosi estimatori: Bach gli dedicò intorno al 1732 una cantata (Schweigt stille, plaudert nicht “Fate silenzio, non chiacchierate” – BWV 211, nota come Kaffeekantate) che ne decanta il gusto e ne sottolinea la diffusione. Nel brano musicale un padre cerca di vietare, con scarso successo, l’uso di bere caffè alla figlia che farà di tutto per non rinunciarvi.Sempre in ambito musicale, Beethoven pare avesse una piccola ossessione per il caffè: lo beveva ogni mattina, preparato con 60 grani esatti.Giuseppe Verdi, a sua volta, sosteneva fosse un balsamo per il cuore e lo spirito. Il magico infuso è stato anche fonte di ispirazione per famosi cantautori: ‘A Tazza ‘E Cafè cantata da Roberto Murolo è una canzone napoletana scritta da Giuseppe Capaldo nel 1918 e musicata da Vittorio Fassone.Nel testo della canzone una ragazza scontrosa viene paragonata a una tazzina di

Read More »

LeggiIl Caffè: una bevanda inebriante con doti divinatorie

L’abbigliamento femminile nei quadri dei pittori impressionisti

L’Impressionismo cambia per sempre il modo di dipingere e nella sua aspirazione a rappresentare la realtà della seconda metà dell’Ottocento realizza anche un singolare viaggio nella moda femminile dell’epoca. di Anna Rita Rossi I pittori che aderiscono al movimento amano ritrarre i propri contemporanei nel loro ambiente e la rapidità di esecuzione e lo studio della luce e del colore sono finalizzati ad offrire una tranche de vie di quel periodo e le relazioni intercorse tra i vari personaggi rappresentati.Nelle grandi tele degli impressionisti sono numerose le scene conviviali da cui possiamo cogliere la moda del tempo, soprattutto femminile, per la ricchezza di abbigliamenti e di accessori che li completavano. Pittura impressionista ed evoluzione dell’abbigliamento si compenetrano, dando luogo a una singolare contaminazione.Fino alla rivoluzione francese, uomini e donne vestivano usando lo stesso stile: gli uni e le altre portavano colletti, nastri, cinture. All’inizio del XIX secolo, però, si assiste a un cambiamento radicale: gli uomini iniziano a portare abiti più sobri e meno appariscenti, privi di ornamenti, mentre le donne cominciano a dar maggior risalto alla silhouette, che nella seconda metà del secolo diventa una vera ossessione. Le forme geometriche che definivano la forma “ideale” del corpo si trasformano radicalmente.La struttura in crinolina, che sosteneva l’abito femminile, aveva all’inizio la forma di un triangolo con la gonna arrotondata e struttura che tendeva all’indietro; poi la crinolina comincia ad appiattirsi sul davanti, accentuando l’effetto di trascinamento della parte posteriore degli abiti. Questi cambiamenti di stile e di moda sono registrati così precisamente nei quadri degli impressionisti che la struttura stessa dei soggetti e la loro disposizione ne è influenzata. L’uomo, che ora veste di scuro e ha un abbigliamento austero, viene per lo più posto sullo sfondo dei quadri, mentre la donna è collocata davanti, in una posizione di risalto.

Read More »

LeggiL’abbigliamento femminile nei quadri dei pittori impressionisti

Leggere: piacevole passatempo estivo che si può coltivare tutto l’anno

La lettura è un’attività che si può praticare ovunque, con qualsiasi condizione atmosferica; offre innumerevoli benefici a chi la pratica e chissà, per quelli che scelgono una vacanza al mare, magari aiuta anche ad abbronzarsi meglio. di Anna Rita Rossi L’estate è ormai esplosa e con il caldo arrivano anche le vacanze. Quale momento migliore per investire il tempo disponibile in un’attività piacevole e utile come la lettura? Sono innumerevoli i benefici che ci offre la lettura: allenta le tensioni; arricchisce il bagaglio culturale e il vocabolario linguistico; affina la capacità critica; stimola la creatività; migliora il livello di attenzione; ecc. Per me che ho fatto della scrittura il mio mestiere, leggere è anche un obbligo, perché il mio modo di scrivere, le storie inventate e i personaggi creati sono stati influenzati dalla lettura di altri autori. Ma, soprattutto, la lettura è fonte di libertà e di autonomia, sin dalla scelta dell’argomento e dell’autore che vi accingete a leggere. Comunque, per tutti, in assoluto, la lettura è un modo per entrare in altre vite e in altri ambienti: immergersi in una storia è farne parte, come i protagonisti e gli altri comprimari. Questo coinvolgimento avviene dovunque: sotto l’ombrellone o in montagna; sulla riva di un fiume o in casa propria, comodamente sul divano o a letto la sera, prima di dormire. Non credo esista un’altra attività che possa offrire altrettante opportunità con una spesa assai modesta. In ogni caso, avete la certezza di avere speso bene il vostro tempo. Per rendere soddisfacente una vacanza, a volte basta solo un buon libro, non dimenticatelo!
LeggiLeggere: piacevole passatempo estivo che si può coltivare tutto l’anno

Rossini: estro, creatività e passione tra musica e fornelli

Rossini, il grande musicista marchigiano, ci ha lasciato pagine indimenticabili di musica, ma oltre all’arte delle note, dedicava tempo ed energie a un’altra grande passione: la cucina. di Anna Rita Rossi Quello che è l’amore per l’anima è l’appetito per il corpo. Lo stomaco è il maestro che dirige la grande orchestra delle nostre passioni. Mangiare, amare, cantare, digerire sono i quattro atti di quell’opera comica che è la vita (Gioachino Rossini). Questa frase riassume in modo semplice la filosofia di vita di Rossini che si avverte anche nella grande vitalità della sua musica.Grazie alle sue doti musicali ha toccato le vette dell’opera buffa e dell’opera seria, ma non tutti sanno che l’afflato grandioso della sua musica era sostenuto e rinfrancato dalla sua passione per la cucina e il buon mangiare. Rossini amava il cibo e gli piaceva cucinare. Aveva un vera adorazione per alcuni piatti, come i maccheroni che, quando si trasferì a Parigi, si faceva spedire da Napoli. Un altro ingrediente che compariva spesso nei suoi piatti era il tartufo con cui condiva pasta e insalata. La predilezione di Rossini per il tartufo era legata alle sue origini: nelle Marche, la provincia di Pesaro Urbino è famosa per la presenza nel suo territorio di tutte le specie di tartufo commercialmente più importanti. Centri più noti: Acqualagna, Sant’Angelo in Vado, S. Agata Feltria e Pergola (sedi di mercati di importanza nazionale); altre località ugualmente famose sono Carpegna, Urbino, Novafeltria, Sassocorvaro, Cagli e Fossombrone. A Parigi, il musicista conobbe il famoso cuoco Marie-Antonin Carême che riteneva Rossini uno dei pochi in grado di comprendere la qualità dei suoi piatti. Una volta Carême gli fece consegnare un pasticcio di fagiano ai tartufi, al quale Rossini contraccambiò dedicandogli un brano musicale, tanto fu ben accetta quella portata. Gioachino era solito fare sperimentazioni

Read More »

LeggiRossini: estro, creatività e passione tra musica e fornelli

La leggerezza sotto forma di personaggio: la regina Mab

Shakespeare ha scritto di gelosia appassionata, di sete insaziabile di potere, di sangue e morte, di faide familiari e di vendette terribili, ma sapeva anche “assottigliare” la sua scrittura fino al punto di descrivere la grazia e la delicatezza di una fata. di Anna Rita Rossi Le tragedie del bardo sono note a tutti: forti passioni agitano i suoi personaggi che spesso sembrano essere trascinati da un inesorabile destino.Ma all’interno delle sue tragedie e nelle commedie trovano spazio figure che alleggeriscono la narrazione e sembrano alleviare il pesante fardello che la sua “umanità letteraria” deve costantemente sopportare. Tra queste creature leggiadre, una figura che mi ha sempre affascinato è quella della regina Mab (una fata che compare anche in altre opere della letteratura del XVII secolo) che Shakespeare nomina nel suo dramma Romeo e Giulietta (atto I Scena IV) attraverso le parole di Mercuzio, amico di Romeo e un vero acrobata delle conversazioni; un personaggio dalla lingua sciolta e dallo spirito pronto che anima i suoi discorsi con punte di cinismo, qualche nota osé e un’arguzia sottile. La capacità del narratore di rendere la natura sostanziale di una fata è davvero mirabile.Inizia descrivendo le dimensioni infinitesimali della creatura: in forma non più grossa di un agata all’indice di un anziano e in grado di sostare sul naso di qualcuno mentre è addormentato.A questo punto, la fantasia prende la briglia al narratore che si profonde in una serie di metafore per descrivere la leggerezza di questo personaggio che si avvale di un suo corteo fatto di atomi e di un esclusivo e minuto cocchiere: un moscerino in livrea grigia. Persino la sua carrozza è un’opera di alta ingegneria, un gioiello di minuzie prive di peso e di spessore: i raggi delle ruote del suo carro son fatti di esili zampe di

Read More »

LeggiLa leggerezza sotto forma di personaggio: la regina Mab

“Cherchez la femme”: espressione diffusa che racchiude una grande verità

“Cherchez la femme” è una frase francese che alla lettera significa “cercate la donna“. Questa espressione ha avuto nel tempo una grande diffusione nella letteratura e di conseguenza anche nell’uso quotidiano. di Anna Rita Rossi Fu Alexandre Dumas (padre) a rendere popolare questa espressione in uno dei suoi libri “Les mohicans de Paris” (I Mohicani di Parigi, 1854): Il y a une femme dans toute les affaires; aussitôt qu’on me fait un rapport, je dis: ‘Cherchez la femme’. (C’è una donna in ogni caso; appena mi portano un rapporto, io dico: “Cherchez la femme“). In realtà, questa espressione, piuttosto nota anche in lingua italiana: “cercate la donna” affonda le sue radici più indietro nel tempo, risale addirittura a Giovenale, convinto che dovunque si verifichi qualcosa di sgradevole o di drammatico, di sicuro, è a causa di una donna. Del resto, come dimenticare che la prima causa di tutti i mali fu proprio una donna: Eva, per non parlare di Pandora che volle per forza scoperchiare il famoso vaso. Lasciando da parte simbologie e vecchi retaggi, vorrei concentrarmi sull’aspetto investigativo di questa frase, come fu usata da Dumas quando la fa pronunciare a Joseph Fouch, uno dei personaggi principali del suo romanzo. Il poliziotto afferma che all’inizio di ogni indagine va cercata una donna perché “elles sont au centre de toutes les affaires” (sono al centro di tutti gli affari). La frase è diventata un vero cliché nel mondo variegato dei detective, tanto che non importa quale sia il problema: una donna ne è la causa alla radice. Il fortunato uso della frase sembra non subire arresti nel tempo: la troviamo in un racconto del 1903 di O. Henry che usa l’espressione addirittura come titolo; inoltre, la stessa frase appare più volte nelle opere di Agatha Christie. Più avanti, compare nel

Read More »

Leggi“Cherchez la femme”: espressione diffusa che racchiude una grande verità

Elizabeth Bennet: un personaggio rivoluzionario che fa ancora sognare

Il romanzo “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen, pubblicato nel 1813, a distanza di ben due secoli fa ancora sognare molte donne, ma non si tratta solo di una storia d’amore: è un ritratto brillante e dettagliato della società ottocentesca. di Anna Rita Rossi Non so voi ma io ho amato in modo particolare la giovane Elizabeth Bennet, protagonista del romanzo della Austen, per le sue indubbie qualità, ma soprattutto per la sua indomabile natura, per la sua capacità di tenere fede ai suoi principi, nonostante gli usi e i costumi della sua epoca e il rigido classismo che la contraddistingueva. “Lizzy”, come viene affettuosamente chiamata in famiglia, è la seconda delle cinque figlie della famiglia Bennet; è una ragazza giovane – non ha ancora compiuto 21 anni – ed è dotata di una rara sensibilità, al contempo, ha un carattere deciso, unito a una spiccata personalità e a una vivace intelligenza. Le sue affermazioni e soprattutto il suo modo di agire denotano la sua forza d’animo e le sue convinzioni che la spingono a ribellarsi e a lottare con tutte le sue energie contro consuetudini assurde che non tengono conto dei desideri individuali, specie quelli di una giovane donna. Le forti emozioni che guidano Elizabeth, a volte, la portano a giudicare erroneamente le persone, come nel caso di Wickham e Mr. Darcy, ma la sua razionalità la aiuta a tornare sui suoi passi e a rivedere i suoi giudizi e le sue opinioni. Dotata di un forte senso morale, Elizabeth è un mix di femminilità e ribellione, di sensibilità e dolcezza; una mescolanza armoniosa cui si aggiunge un pizzico di ironia pungente, ereditata dal padre che la adora e la considera la preferita tra le sue figlie, quella con cui ha gli scambi intellettuali più interessanti e stimolanti. Perché

Read More »

LeggiElizabeth Bennet: un personaggio rivoluzionario che fa ancora sognare