Donna Fresia

Il linguaggio dei fiori: un modo per inviare un messaggio nascosto

di Glenda Oddi Secondo la più romantica delle tradizioni vittoriane ad ogni fiore corrisponde un significato. Scegliere quali piante mettere in giardino, sul balcone o in casa può quindi diventare qualcosa di più di una scelta estetica. Se si guarda con attenzione al linguaggio segreto dei fiori è possibile optare per quelle piante che veicolano dei significati in linea con le nostre caratteristiche personali, facendo così diventare la nostra casa ancora più accogliente. Senza dubbio, però, l’uso che si fa maggiormente del significato dei fiori è legato alla scelta di quali dare in dono. Accompagnare un fiore ad un biglietto che spiega il suo significato nascosto avrà senza dubbio un grande fascino. Sono davvero tantissimi i fiori a cui le tradizioni culturali delle varie epoche hanno attribuito uno specifico significato. Nei vari luoghi, tempi e culture, ogni fiore ha avuto diverse interpretazioni, a volte anche contrastanti. Vediamo quali sono i significati maggiormente condivisi dei fiori più noti: ROSA. Indica un forte trasporto emotivo e muta significato a seconda del colore. Quella rossa allude alla passione amorosa, quella bianca alla purezza e all’umiltà, quella rosa all’amicizia e alla grazia, quella gialla alla gelosia. GIRASOLE. Indica allegria, gioia, vivacità. È il fiore ideale da regalare ad un’amica per trasmetterle affinità. ORCHIDEA. Indica la dedizione totale e piena. Può quindi esprimere un amore puro e sincero o una piena lealtà verso qualcuno. TULIPANO. È anch’esso un fiore che allude all’amore, quello rosso indica una dichiarazione d’amore, mentre quello giallo un amore disperato. VIOLA. Allude alla fedeltà se blu, se bianca alla modestia. GAROFANO. Se rosa indica amore femminile e affetto, se bianco fedeltà eterna, se rosso amore ardente, se giallo indecisione riguardi i propri sentimenti, se striato indica rifiuto. GINESTRA. Allude all’umiltà e alla modestia.
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La leggenda celtica del vischio

di Benedetta Giovannetti Il vischio è una pianta sempre verde particolare infatti è una pianta parassita, il suo seme, infatti si insinua nella pianta che lo ospita fino ad innestarsi e a diventare parte di essa. Per il Celti il vischio era il simbolo era il simbolo della resurrezione, della sopravvivenza della vita alla morte, affascinati dalla sua vita aerea credevano che fosse un simbolo degli dei e per questo per il fatto che fosse in grado di vivere senza toccare terra i celti gli attribuivano un grande potere. Tanto che per raccogliere questa pianta attuavano una serie di cerimonie, volte a celebrare la sopravvivenza dello spirito alla morte fisica. Infatti i Celti credevano che il vischio avesse un ciclo vitale di tre fasi: un soggetto che trapassa la morte rappresenta il vischio, l’uccello che ne trasporta i semi è il messaggero della vita e l’intenzione divina conferisce il potere di nascere e di crescere. Esso pertanto era una delle piante più preziose dell’erboristeria celtica, ed era associato alla vita di un re o di un grande capo. Il vischio veniva raccolto nel sesto giorno di luna crescente, quando si incrementava di potenza. Il druido che lo tagliava, officiando la cerimonia era interamente vestito di bianco e venivano sacrificati dei giovani tori bianchi per rinnovare il patto con la divinità. I cristiani ripresero in parte questa tradizione del vischio come pianta portatrice di fortuna con il gesto di baciarsi sotto il vischio.
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La calza della Befana, le origini

di Benedetta Giovannetti L’epifania è una celebrazione da sempre molto sentita sia perché segna la fine delle festività sia per la tradizione della Befana, anziana signora che i bambini attendono con ansia per scoprire i doni con cui ha riempito le loro calze, dolci per i buoni, carbone per i cattivi. Ma come nasce la tradizione della calza? L’origine pare connessa ad una serie di riti propiziatori pagani che risalgono al X-VI secolo avanti Cristo e che riguardano i cicli stagionali legati all’agricoltura in particolar modo quello legato al solstizio di inverno ossia l’evento che segna il giorno più corto dell’anno. Le civiltà nordiche e vichinghe in questo periodo dell’anno erano solite abbellire abeti e scambiare doni mentre i Romani successivamente crearono l’usanza della calza e della figura femminile volante. Infatti essi credevano che tale figura, dapprima identificata con la dea Diana poi con altre divinità, volasse sui campi coltivati per propiziare la fertilità dei futuri raccolti. Per quanto riguarda la calza invece, pare che tale tradizione sia ascrivibile a Numa Pompilio che, secondo quanto raccontato oralmente, era solito appendere una grande calza all’interno di una caverna tra il solstizio di inverno e i primi giorni di gennaio affinché una ninfa la potesse riempire con i doni della natura La calza odierna potrebbe dunque essere un adattamento del cristianesimo a questa usanza pagana.  
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Il presepe, i presepi più antichi

di Benedetta Giovannetti Albero o presepe? Oppure tutti e due? Chi preferisce l’uno, chi preferisce l’altro e chi fa entrambi, ma come nasce il presepe? Qual è la sua storia e cosa simboleggia? La più antica raffigurazione della Vergine con il bambino è raffigurata nelle catacombe di Priscilla sulla Via Salaria a Roma ed è stato dipinto da un’artista ignoto del III secolo all’interno di un arcosolio del II. Nella tradizione bizantina la natività è raffigurata in una grotta con la Vergine Maria distesa su un giaciglio con il figlio nella mangiatoia mentre San Giuseppe è raffigurato simbolicamente all’esterno in disparte. Il primo presepe scultorio si ritiene sia quello di Arnolfo di Cambio nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Giotto fu il primo a raffigurare a Padova nella cappella degli Scrovegni una natività più realistica con dettagli naturalistici seppur ancora legati ai canoni bizantini. Nel 400 alcuni grandi maestri della pittura italiana raffigurarono scene della Natività dette anch’esse presepe. Botticelli lo ha fatto nell’adorazione dei Magi dove raffigura personaggi della famiglia dei Medici, Filippino Lippi compose la natività che si trova al museo Diocesano di Milano. Anche Luca ed Andrea della Robbia hanno rappresentato scene della natività dove tra tutte si ricorda quella del Convento della Verna. La rappresentazione tridimensionale allestita in occasione delle festività natalizie è un’usanza che ebbe origine all’epoca di San Francesco che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione della Natività. L’iconografia del presepio ben presto passò dall’ambito artistico a quello popolare specie all’interno delle Chiese nelle quali la rappresentazione della nascita di Gesù con le statuine ed elementi tratti dall’ambiente naturale diventò un rito irrinunciabile. Ma il grande sviluppo dei presepi scolpiti si ebbe nel 700 quando si formarono le grandi tradizioni presepistiche del presepe napoletano, genovese e bolognese. Tra i presepi

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Il presepe, significato e storia

di Benedetta Giovannetti Albero o presepe? Oppure tutti e due? Chi preferisce l’uno, chi preferisce l’altro e chi fa entrambi, ma come nasce il presepe? Qual è la sua storia e cosa simboleggia? Il presepe è una rappresentazione della nascita di Gesù che ha origine tardo antiche e medievali, da un’usanza tipicamente italiana di allestire il presepe in casa nel periodo natalizio oggi è diffusa in tutti i paesi cattolici del mondo. Le fonti per la sua raffigurazione sono i 180 versetti dei Vangeli di Matteo e Luca quelli dell’infanzia, che riportano la nascita di Gesù avvenuta ai tempi di Erode a Betlemme di Giudea. Esso è composta da statue formate di vari materiali e disposte in un ambiente ricostruito in modo realistico, e vi compaiono tutti i personaggi e i luoghi della tradizione, la grotta, la mangiatoia, Giuseppe e Maria, i magi, i pastori, le pecore, il bue, l’asinello e gli angeli. La statuina di Gesù si colloca nella mangiatoia alla mezzanotte tra il 24 e 25 dicembre, mentre i Magi si avvicinano alla mangiatoia il giorno dell’Epifania, come sfondo un cielo stellato oppure uno scenario paesaggistico, a volte si possono aggiungere altri personaggi. Il presepe si mantiene di solito fino all’Epifania quando si mettono i Re magi di fronte alla Sacra famiglia, oppure sino al giorno della Candelora, la festa della presentazione di Gesù al tempio ebraico che la Chiesa cattolica celebra il 2 febbraio.
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Halloween Le origini

di Benedetta Giovannetti Halloween è una festa di origine celtica che nel ventesimo secolo ha assunto negli Stati Uniti le forme macabre e commerciali con cui è nota ancora oggi. Tale usanza poi si è diffusa in molti paesi del mondo con varie manifestazioni. La storia di Halloween ha varie origini: chi la riconduce alla festa romana dedicata a Pomona o nella festa dei morti chiamata Parentalia, chi la ricollega alla festa celtica chiamata Samhain nome che approssimativamente significa fine dell’estate. In Italia nell’840 con papa Gregorio IV fu istituita la festa di Ognissanti in modo da creare così una continuità col passato sovrapponendo la festività cristiana a quella più antica. Per quanto riguarda le origini del nome la parola rappresenta una variante scozzese dal nome competo All Hallow’s Eve che tradotto significa Notte di tutti gli spiriti sacri. L’uso delle zucche intagliate risale alla tradizione di intagliare rape per farne lanterne con cui ricordare le anime del purgatorio. La rapa è stata usata in Irlanda e Scozia ma gli immigrati del nord America usavano la zucca originaria del posto. Anche il dolcetto o scherzetto che i bambini fanno di casa in casa è una pratica che risale al medioevo ed è la pratica dell’elemosina che la gente povera compiva la notte di Ognissanti ricevendo cibo in cambio di preghiere per i loro morti il giorno della commemorazione dei defunti che è il due novembre.
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Acconciature nell’antica Grecia

di Benedetta Giovannetti In epoca arcaica le acconciature degli uomini e delle donne non erano diverse tra loro, entrami usavano creare ricci corti e piatti che partivano dalla fronte per arrivare al collo, mentre i capelli lunghi venivano acconciati in boccoli ottenuti grazie a spirali fatte con lunghe aste di metallo e trattenute da nastri, cerchietti di metallo o coroncine di foglie. Nell’età classica invece era tradizione di tagliare i capelli ai giovani che passavano dall’età all’adolescenza, che poi venivano consacrati a seconda del sesso del giovane a Febo o Artemide. I ragazzi si acconciavano i capelli con riccioli corti mentre le ragazze in occasione del loro matrimonio si rasavano completamente. Le donne in questa epoca usavano farsi una scriminatura al centro del capo e raccoglievano morbidamente sulla nuca le bande di capelli legandoli con nastri o trattenendoli con retine, diademi, trecce, spilloni, ornati a loro volta con pietre preziosi. Spesso indossavano intorno alla testa un tessuto leggero che veniva usato sia come velo che come fascia e che era chiamata Calanica, mentre gli uomini greci usavano portare riccioli corti che circondavano la testa, mentre i più vanitosi facevano un nodo di capelli che ponevano sulla fronte. Inoltre le donne greche amavano colorarsi i capelli di nero blu con riflessi metallici. Spesso queste acconciature erano prese a imitazione degli antichi dei o degli eroi come Achille e Menelao o nel caso delle donne dee come Afrodite e Artemide. I capelli venivano unti con essenze aromatiche a base di spezie, fiori e oli. I primi salone di parrucchieri nacquero nell’Atene del 5 secolo a.C.
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Acconciature nell’antica Grecia

di Benedetta Giovannetti In epoca arcaica le acconciature degli uomini e delle donne non erano diverse tra loro, entrami usavano creare ricci corti e piatti che partivano dalla fronte per arrivare al collo, mentre i capelli lunghi venivano acconciati in boccoli ottenuti grazie a spirali fatte con lunghe aste di metallo e trattenute da nastri, cerchietti di metallo o coroncine di foglie. Nell’età classica invece era tradizione di tagliare i capelli ai giovani che passavano dall’età all’adolescenza, che poi venivano consacrati a seconda del sesso del giovane a Febo o Artemide. I ragazzi si acconciavano i capelli con riccioli corti mentre le ragazze in occasione del loro matrimonio si rasavano completamente. Le donne in questa epoca usavano farsi una scriminatura al centro del capo e raccoglievano morbidamente sulla nuca le bande di capelli legandoli con nastri o trattenendoli con retine, diademi, trecce, spilloni, ornati a loro volta con pietre preziosi. Spesso indossavano intorno alla testa un tessuto leggero che veniva usato sia come velo che come fascia e che era chiamata Calanica, mentre gli uomini greci usavano portare riccioli corti che circondavano la testa, mentre i più vanitosi facevano un nodo di capelli che ponevano sulla fronte. Inoltre le donne greche amavano colorarsi i capelli di nero blu con riflessi metallici. Spesso queste acconciature erano prese a imitazione degli antichi dei o degli eroi come Achille e Menelao o nel caso delle donne dee come Afrodite e Artemide. I capelli venivano unti con essenze aromatiche a base di spezie, fiori e oli. I primi salone di parrucchieri nacquero nell’Atene del 5 secolo a.C.
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Lavanda, usi e proprietà

di Benedetta Giovannetti La lavanda è un’erbacea perenne che può raggiungere anche il metro di altezza, con fiori di colore azzurro violaceo e vanta una storia di utilizzo da almeno 2500 anni.Il suo termine deriva dal latino lavare proprio perché era frequentemente usata nelle abluzioni per purificare la mente e lo spirito.Nei secoli è sempre stata usata per comporre fragranze, unguenti, medicinali ma anche come pozione magica e ingrediente culinario.Gli antichi egizi la usavano nel processo di imbalsamazione per la sua gradevole fragranza, ma la famiglia reale la usava sotto forma di balsamo anche per cosmesi, massaggi e medicine.I Greci impararono dagli Egiziani le peculiarità di questa pianta specialmente se impiegata come lassativo e per disturbi dell’alimentazione e del sonno.Per i Romani invece la lavanda era soprattutto usata come prodotto cosmetico, come deodorante e come unguento dopo ii bagni quotidiani alle terme.Negli anni successivi l’uso della lavanda passò nel campo della medicina come componente per preparare composti da usare per curare ferite e abrasioni.Ai giorni nostri la lavanda è tutt’ora usata per questi scopi oltre ad essere largamente usata in profumeria per il suo profumo delizioso.Tra le sue proprietà vi sono anche quelle antisettiche, deodoranti e repellenti per gli insetti.Infatti l’olio puro di lavanda è uno dei pochissimi oli che può essere usato non diluito direttamente sulla pelle favorendone la guarigione.In aromaterapia è usata per rilassare, ridurre lo stress, bilanciare e rinvigorire fisicamente e mentalmente.Ha inoltre molteplici benefici tra cui riequilibrare la pelle, regolando la produzione di sebo e combattendo i disturbi di seborrea.
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I gioielli della corona visigota

di Benedetta Giovannetti Nel 1858 a fine agosto una famiglia che da Toledo faceva ritorno al proprio villaggio, Guadamur, durante una sosta ad una fonte poco lontana dal loro paesino, trovò una lastra che affiorava vicino ad un muretto, probabilmente smossa dalla forte tempesta del giorno prima. Quando si accorse che era diversa dalle altre provo a smuoverla per vedere se sotto nascondesse qualcosa. La famiglia scoprì così che si trattava di un’urna lavorata piena di oggetti d’oro e pietre preziose, sporca di fango. Rendendosi conto che il lavoro era faticoso e lungo la famiglia decise di tornare la notte ed una volta tirata fuori l’urna lavò il suo contenuto nell’acqua della sorgente. Quando rientrò a casa portò con sé un carico di 12 corone, una croce e altri gioielli votivi. Si trattava di parte del tesoro di Guarrazar un impressionante gruppo di gioielli dell’epoca visigota spagnola composta appunto da una serie di corone circa ventisei e altri pezzi di oreficeria tra cui delle croci d’oro. Tale tesoro patì però una serie di peripezie in quanto fu smembrato e venduto dalla famiglia che iniziò il ritrovamento e poi dal militare di origine francese che acquistò parte del tesoro ed il terreno dove si trovava. Adesso parte di questo tesoro si trova nel Museo archeologico nazionale di Madrid ed è stato di fondamentale importanza per capire e conoscere l’arte visigota consentendo di comprendere mediante un’analisi dettagliata dei gioielli le tecniche di oreficeria dell’epoca, le caratteristiche dell’oro utilizzato e la provenienza delle gemme. Ad esempio è grazie a questi studi che si è capito che gli smeraldi e gli zaffiri sono originari rispettivamente dell’Austria e dello Sri Lanka foto di: www.meisterdrucke.it
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