alimentazione

Allarme OMS: nei cibi per neonati ci sono troppi zuccheri

L’OMS Europea avverte: negli alimenti per lo svezzamento e nei cibi per neonati ci sono troppi zuccheri che mettono a rischio la loro salute. di Anna Rita Felcini Troppi zuccheri negli alimenti destinati ai bambini sotto i 6 mesi di età. È l’allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alla luce di due nuovi studi secondo cui un’alta percentuale di alimenti per l’infanzia, sia dolci che salati, viene commercializzata erroneamente come adatta ai bambini di età inferiore a 6 mesi, mentre al contrario contiene livelli eccessivamente elevati di zucchero, che possono mettere a serio rischio la salute dei bambini stessi. Gli studi, in particolare, si concentrano sull’alimentazione dei neonati da 0 a 6 mesi e rivelano che circa un terzo degli alimenti verificati presenta oltre il 30% delle calorie totali degli zuccheri. Un dato allarmante che mette in serio pericolo la salute dei bambini, partendo dai primi dentini fino a sviluppare da adulti una preferenza per i cibi dolci, che può condurre a sovrappeso, malattie legate all’obesità come il diabete e altre non trasmissibili correlate all’alimentazione. Per valutare se i cibi presenti sul mercato sono appropriati per la dieta dei bambini tra i 6 e i 36 mesi, l’OMS ha sviluppato una bozza di modello di profilo nutritivo (NPM). Ha poi confrontato tale modello con le informazioni nutrizionali presenti sugli alimenti in vendita al dettaglio, sulle etichette, sugli imballaggi e sulla promozione in commercio, e infine l’ha presentato agli Stati Membri e alle parti interessate per esaminarlo e discuterlo. In totale, sono stati raccolti dati su quasi 8 mila prodotti, tra alimenti e bevande, commercializzati per neonati e bambini in 516 negozi di 4 città europee: Vienna, Sofia, Budapest e Haifa tra novembre 2017 e gennaio 2018. In tutte e 4 le città, una parte sostanziale dei prodotti compresa tra

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La vacanza alternativa di chi sceglie l’eremo o il convento

L’immenso patrimonio architettonico-storico e religioso rappresentato da Conventi, Eremi e Monasteri offre anche incredibili opportunità di ospitalità per coloro che ricercano un’alternativa alta alla vacanza tradizionale. Tra natura, cultura, impegno e spiritualità di Alberto Piastrellini Ti svegli al mattino col suono attutito delle piccole campane che chiamano i fedeli alla preghiera, mentre dalle piccole finestre la luce del sole ritaglia scacchi luminosi su antichi pavimenti di cotto.L’assenza dei rumori quotidiani, il traffico, i clacson, l’onnipresente vibrazione di fondo delle nostre città è quasi straniante, all’inizio, ma l’orecchio si abitua subito ritrovando panorami sonori più consoni al nostro essere animali: i canti degli uccelli, lo stormire delle fronde, il ronzio degli insetti. Il tempo sembra sospeso, infinito; le ore del giorno si dilatano incomprensibilmente mentre gli occhi riscoprono con stupore le impercettibili variazioni di luce cui normalmente non si bada presi dalle urgenze del lavoro e dal ritmo artificiale delle nostre esistenze. Nell’assenza di stimoli artificiali e nel timore di rompere una ritrovata armonia è facile abbandonarsi alla riflessione, alla meditazione, alla ricerca interiore e, dopo qualche giorno, complice un’alimentazione gustosa e bilanciata al tempo stesso, il corpo e lo spirito sembrano rinnovati come un prato dopo un acquazzone. La vacanza ideale, preziosa per i suoi benefici, non solo sulla mente, è alla portata di tutti eppure lontanissima dai cataloghi delle agenzie di viaggio e dalla fascinazione artificiale delle mète commerciali. Costa poco, rende parecchio e spesso non implica neppure faticosi spostamenti lungo autostrade intasate e infuocate, anzi, predilige arterie secondarie che consentono di riscoprire paesaggi e territori poco battuti… Monasteri, Eremi, Abbazie, Conventi, da sempre garantiscono la solitudine e l’isolamento della vita cenobitica e monastica con l’afflato dell’accoglienza: un tempo ai pellegrini e ai viandanti, oggi, verso i nuovi cercatori di un senso del vivere. E l’estate, con le sue

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Dieta di Okinawa: per dimagrire e vivere più a lungo

Menù, benefici e controindicazioni della dieta giapponese della longevità che si ispira al regime alimentare degli abitanti dell’omonimo arcipelago. di Anna Rita Felcini Okinawa è l’arcipelago a sud del Giappone famoso per la dieta della longevità, chiamata anche dieta di Okinawa. Qui, infatti, il numero di ultracentenari è altissimo, il più alto del mondo secondo l’Okinawa Research Center for Longevity Science (ORCLS). E l’indice di massa corporeamedio è tra 18 e 22, mentre nei paesi europei è di 24,7. Sul National Geographic è stata definita “La patria delle donne più longeve del mondo”, tutte con meno malattie cardiache, cancro e demenza senile rispetto alle donne che vivono negli Stati Uniti. Il merito spetta tutto ad una visione dell’alimentazione molto particolare. Una delle parole d’ordine per chi siede a tavola, infatti, è hara hachi bu, cioè la regola di mangiare solo l’80% di quello che il nostro appetito ci spingerebbe a fare. È molto importante, dunque, non solo ciò che si assume, ma anche il fatto di imparare a mangiare consapevolmente e lentamente concentrandosi su cosa e come si sta consumando (uno stile di alimentarsi molto diverso dal più frequente “mordi e fuggi” tipico dell’Occidente). Altro concetto fondamentale, e non meno importante, è legato al modo di cucinare, che si attiene al termine tiandaa, e cioè fare qualcosa con amore. Banditi completamente dall’alimentazione di Okinawa sono i cibi pronti e preparati di fretta. La dieta giapponese, avendo un apporto calorico basso (1.200 kcal al giorno), favorisce il dimagrimento, ma non è questo il suo unico vantaggio: grazie alla ricchezza di fibre e Omega 3 riduce il colesterolo, è anti-age, a basso rischio osteoporosi, e aiuta a prevenire malattie come diabete, ictus, cardiopatie, cancro. Cosa mangiano in pratica gli abitanti di Okinawa? Semplicemente seguono una dieta ricca di verdure, in particolare di

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Pochi e semplici consigli per essere in salute!

Corretto e sano stile di vita di Serena Lepri Essere in forma e in salute con alcuni semplici trucchetti? Si può fare! Ricorda che il primo passo per il cambiamento, di qualsiasi ambito si parli, inizia dalla mente e ciò è fondamentale anche per intraprendere un corretto e sano stile di vita che comprende alimentazione e attività fisica (ma non solo!). Mettiti all’opera e vedrai subito i risultati! Andare al supermercato con una lista della spesa pensata a casa e a stomaco pieno: aiuterà ad acquistare solo il necessario Fare i pasti (colazione, pranzo, cena e spuntini) in maniera strutturata: apparecchiare la tavola e sedersi fornisce la percezione di aver mangiato e quindi ci aiuta nel senso di sazietà Fare il pasto completo (primo, secondo, contorno e frutta) è fondamentale: in tal modo si avrà una fonte di tutti i micro e macronutrienti in maniera equilibrata e, in più, avremmo un senso di sazietà duraturo nel tempo che ci aiuterà ad arrivare al pasto successivo senza troppe difficoltà Predisporre sul proprio piatto la personale porzione di primo, secondo, contorno e pane così da non attingere nuovamente dal piatto di portata: finire solo ciò che si ha nel proprio piatto; in alternativa, non portare per niente il piatto di portata a tavola Mangiare la propria porzione di cibo in un piatto piccolo aiuta psicologicamente a sentirsi sazi Masticare a lungo prima di deglutire: il pasto durerà di più e si avrà maggior senso di sazietà Bere almeno 2L di acqua/die, dilazionati durante la giornata Si consiglia di bere, tra questi 2L, 2 bicchieri di acqua al pasto (pranzo e cena) per aiutare i processi metabolici della digestione Praticare attività fisica intensa minimo 3/7; oppure fare attività fisica di media intensità tutti i giorni. Si ricorda che, perché l’attività fisica sia efficace,

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Vacanze di primavera: qualche consiglio per la linea e per lo spirito

Il gioioso disordine alimentare del tempo di vacanza, se vissuto col giusto spirito, può essere altrettanto appagante. Basta non esagerare tra compulsività e sensi di colpa. di Alberto Piastrellini Mentre Aprile sembra abbandonarci con uno stravagante strascico di inverno, si profila all’orizzonte la temuta prova del costume, un vero e proprio trauma psicologico per molte e anche per molti, normalmente un po’ sovrappeso al finire della brutta stagione. Quest’anno, poi, le buone intenzioni di salvaguardare la propria linea sono messe a dura prova da una congiunzione di festività sacre e profane che, unite a sabati e domeniche, ingenerano quasi una decina di giorni di vacanza. Una pausa insperata dal lavoro, l’entusiasmo per l’improvvisa libertà dagli obblighi quotidiani, la possibilità di godersi del tempo con i propri cari e con gli amici, magari organizzando gite e banchetti fuori casa si traduce normalmente in una frattura delle normali abitudini alimentari e così, aperitivi, ristoranti, pizzerie, picnic, grigliate vanno necessariamente ad accumularsi con le tenzoni enogastronomiche tradizionali dei pranzi in famiglia… Col risultato che se pure lo spirito si ritempra e si divaga – passando per la gola – si finisce per esagerare con il consumo di cibi e bevande ed esaurita l’euforia festaiola ci si ritrova un po’ troppo appesantiti di fronte allo specchio che impietoso restituisce il ritorno di curvette faticosamente appianate. Scattano i sensi di colpa, amplificati da una diffusa narrazione che veicola un’immagine di corpi perennemente giovani e scattanti e così si finisce per intristirsi di fronte a deprimenti porzioni di anonime verdurine lesse consumate come amare medicine da cui dipende la propria sopravvivenza, improbabili diete d’urto-detox-d’emergenza-miracolosamente-sgonfianti associate ad inverosimili maratone di attività fisica sopra le righe (peraltro a rischio coronarie dopo il trionfo di abbacchi, pizze pasqualine, salumi, cioccolato e vini) con l’illusione di espiare in brevissimo tempo

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Dieta: le 10 fake news sul cibo da cui stare alla larga

Secondo un’indagine di Coldiretti/Ixè quasi 3 italiani su 4 credono alle bufale che la rete mette in circolo su cibo e migliore dieta per perdere peso, spingendosi a comportamenti pericolosi per la propria salute. Ecco le 10 fake news più diffuse sul web. di Anna Rita Felcini Ogni giorno milioni di italiani consultano il web ritenendolo una fonte affidabile per trovare notizie e informazioni su come perdere peso e sbarazzarsi dei chili in più. Soprattutto in vista dell’estate e della fatidica prova costume, si moltiplicano gli articoli e i siti dedicati a questo tema. Purtroppo, però, sembra che proprio il settore dell’alimentazione sia uno di quelli maggiormente interessati dalle cosiddette “bufale”. Il rischio ovviamente è quello di assumere comportamenti alimentari altamente pericolosi per la nostra salute. Secondo un’indagine di Coldiretti/Ixè, il 53% degli italiani utilizza il web più volte durante l’anno per raccogliere informazioni su qualità dei prodotti alimentari e diete più “popolari”. Ben il 25% partecipa a community/blog/chat in internet centrate sul cibo che influenzano le scelte di acquisto o di alimentazione in modo non sempre corretto e veritiero. Naturalmente la tentazione di credere a una dieta miracolosa o ad un alimento super naturale in grado di farci perdere peso in poche settimane o addirittura di guarire dalle malattie al posto dei farmaci è forte. Ma occorre prestare molta attenzione a ciò che si legge per non rischiare di fare danni al nostro organismo, a volte persino irreversibili. Spesso, infatti, in rete si trovano programmi alimentari sponsorizzati da aziende che prevedono l’acquisto di prodotti dedicati come integratori, libri, sostituti del pasto oppure che promettono risultati miracolosi in poco tempo senza molti sforzi, ma che in realtà non hanno alcuna valenza scientifica. Ecco allora per voi le dieci bufale sulle diete più diffuse sul web dalle quali stare alla larga

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Malattia di Alzheimer: si può prevenire con tè verde e carote

Una sperimentazione effettuata su topolini ha dimostrato che una dieta a base di composti naturali presenti nel tè verde e nelle carote (ma anche in altri ortaggi e nella frutta) inibiscono la formazione delle placche amiloidi, caratteristica principale della malattia di Alzheimer. di Alberto Piastrellini La Malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza senile, caratterizzata da un progressivo declino della memoria e di altre funzioni cognitive, uno stato provocato da un’alterazione delle funzioni cerebrali che implica serie difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività quotidiane. Nel mondo l’Alzheimer colpisce circa 40 milioni di persone e solo in Italia vi sono circa un milione di casi, per la maggior parte oltre i 60 anni. Oltre gli 80 anni, ne è affetto un anziano su 4. Questi numeri sono destinati a crescere progressivamente per il progressivo aumento della durata della vita: si stima un raddoppio dei casi ogni 20 anni. Inoltre, sono circa 3 milioni le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza ai loro cari con demenza. I soli costi annuali diretti per ciascun paziente vengono, in diversi studi europei, stimati in cifre variabili da 9.000 a 16.000 euro a seconda dello stadio della malattia. Questa malattia rappresenta una delle sfide sanitarie più grandi del nostro secolo, tant’è che l’11 dicembre 2013 i leader mondiali del G8, riuniti a Londra nello storico vertice “Dementia”, si sono impegnati a “Identificare entro il 2025 una cura o una terapia che modifichi sostanzialmente il decorso della malattia”. I ricercatori sono fortemente impegnati per trovare soluzioni, ma al momento le sperimentazioni cliniche sono rivolte alla prevenzione della malattia, perché sono disponibili nuove tecniche che permettono di determinare le alterazioni di una proteina ritenuta la prima causa di malattia, prima che questa si manifesti clinicamente. Da vari anni è noto, infatti, che alla base

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Acido folico: vitamina importante per le mamme e non solo

Un recente studio dell’Università di Copeaghen ha rilevato che la carenza di acido folico nel sangue determinerebbe anomalie cromosomiche più dannose di quanto finora si pensasse. Di Carmela Marinucci Il folato, noto anche come acido folicoo vitamina B9, è una vitamina essenziale per la salute umana, tant’è che la ricerca scientifica ha collegato la sua carenza ad una serie di malattie, tra cui anemia, malattie mentali, demenza senile, cancro. Il deficit di folato durante la gravidanza è anche associato a difetti alla nascita tra cui difetti del tubo neurale (deformazione del cervello e del midollo spinale). È difficile trovare oggi una donna incinta che non conosca l’importanza del folato nella prevenzione dei difetti congeniti.  Tuttavia, poiché il corpo non può immagazzinarlo, il folato deve essere ricavato da alimenti che ne sono ricchi, come verdura e frutta o con l’assunzione di integratori di acido folico.  Fino ad ora, però, i ricercatori non erano mai stati in grado di stabilire la causalità, cioè se la deficienza di folato causi direttamente i disturbi o se questi siano l’effetto secondario della carenza di folati.  Un recente studio (Folate deficiency drives mitotic missegregation of the human FRAXA locus)pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS–Proceedings of the National Academy of Sciencesha fatto un po’ di luce sulla questione.Lo Studio è stato sostenuto in parte dal Progetto europeo CHROMAVISION, finanziato dall’UE nell’ambito del Programma Horizon 2020e che si concluderà a maggio di quest’anno, volto a comprendere appieno la gamma di malattie legate agli errori nella divisione cellulare e i meccanismi cromosomici, favorendo così la scoperta di farmaci.  I risultati dello Studio, condotto presso l’Università di Copenaghen, indicano che la carenza di folato può causare problemi legati alla divisione cellulare e alla replicazione del DNA. “Nello studio, dimostriamo che la deficienza di acido folico porta a livelli più elevati di anomalie cromosomiche più dannose di quanto si pensasse in precedenza– ha affermato uno degli autori dello

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I Disturbi del Comportamento Alimentare

Come chiedere aiuto. Di Serena Lepri I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono patologie subdole e complesse, estremamente poliformi e difficili da trattare, che affondano le loro radici eziopatologiche nell’ambito clinico-nutrizionale e in quello psicologico-psichiatrico. Il disagio delle persone affette da DCA risiede nella mente ma l’alimentazione e il conseguente cambiamento del corpo sono le manifestazioni cliniche del disturbo. Si può affermare che i Disturbi del Comportamento Alimentare siano delle nuove forme di depressione attraverso le quali le persone manifestano e affrontano il disagio di un dolore profondo, che va oltre al cibo. L’alimentazione, infatti, rappresenta solo la manifestazione visiva dell’inquietudine psicologica. I DCA più conosciuti sono l’Anoressia Nervosa (AN), la Bulimia Nervosa (BN) e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI o BED) ma ne esistono altri, classificati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), come quelli infantili. Infatti, l’età di insorgenza si sta abbassando sempre di più: si è spostata dai 16-17 anni ai 12-13 anni. Tali problematiche sono state definite delle “patologie al femminile” ma in realtà negli ultimi anni si stanno diffondendo anche nel mondo maschile (soprattutto con la Bigoressia e l’Ortoressia), andando a scardinare l’idea di una patologia di genere. Sempre più persone soffrono di questi disturbi tanto che i DCA stanno diventando una vera e propria epidemia sociale. Allo stesso tempo, sempre più persone ne possono uscire grazie a un intervento specifico e mirato, affrontando la problematica insieme a un’equipe di esperti terapeuti. Data la multifattorialità dell’eziologia dei DCA, l’approccio multi-interdisciplinare sembra essere la terapia migliore: medici, psicologi, psichiatri, nutrizionisti, dietisti, counsellor familiari e filosofici collaborano e integrano le loro conoscenze al fine di aiutare il paziente nella remissione della patologia. La prevenzione e la diagnosi precoce rappresentano i presupposti di base per la guarigione, il cambiamento. Proprio per questo motivo, è fondamentale

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