opera lirica

Rosina de “Il Barbiere di Siviglia”: un perfetto mix di arguzia e innocenza

Ne “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini l’astuzia e l’amore sono i due ingredienti principali della storia. Rosina, personaggio femminile protagonista di quest’opera buffa, si fa portavoce di entrambi. Rosina è la protagonista femminile de “Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini (1792 – 1868). Leggendo la trama dell’opera scopriamo che è giovane e bella e che vive in casa del suo tutore, il dottor Don Bartolo. Nella cavatina (o aria di sortita, aria con cui in un’opera lirica italiana i personaggi si presentano in scena), “Una voce poco fa” (Atto primo – scena V), è lei stessa a fornirci indicazioni precise sulla sua personalità: “Io sono docile, – son rispettosa, sono ubbediente, – dolce, amorosa; mi lascio reggere, – mi fo guidar”. Fin qui tutto bene, però, dopo un significativo “ma”, la ragazza si affretta ad aggiungere: “se mi toccano – dov’è il mio debole, sarò una vipera – e cento trappole prima di cedere – farò giocar”. Da queste ulteriori affermazioni comprendiamo che, dietro l’apparente aria innocente e remissiva del personaggio si nasconde ben altro: Rosina è una giovane furba e determinata, pronta anche a “mordere”, se il caso e la situazione in corso lo richiedono. La storia prende il via da uno scambio di sguardi al Prado e da una conseguente infatuazione tra Rosina e un giovane sconosciuto. L’uomo di cui Rosina si è innamorata è un ricco nobile, il conte di Almaviva che la ricambia, purtroppo, la ragazza può solo vagheggiare sogni d’amore, perché il suo tutore la tiene sotto chiave. In pratica, la giovane vive come una reclusa, ma come si dice, “fatta la legge, trovato l’inganno”: l’aiuto provvidenziale per coronare i suoi sogni le verrà da un simpatico e astuto tuttofare che frequenta la casa, Figaro, un giovane barbiere che, guarda caso, è anche

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Donna InCanto: Carmen, la seduzione sfrontata e ribelle

Esotismo ed erotismo nella figura della zingara ribelle che da 144 anni accende le fantasie del pubblico del mondo. Di Alberto Piastrellini “Quand je vous aimerai? Ma foi, je ne sais pas. Peut-être jamais, peut-être demain. Mais pas aujourd’hui, c’est certain!” (Traduzione: “Quando vi amerò? In fede mia non so. Può essere, mai; può essere domani. Ma non oggi, è sicuro!”) L’entrata in scena di Carmen, a metà del primo atto dell’Opera omonima di George Bizet è qualcosa di sconvolgente nella sua sfrontata esuberanza giovanile e popolare al tempo stesso; sapientemente e teatralmente ritardata da due scene dove l’atmosfera accaldata del pomeriggio sivigliano si colora dell’attesa spasmodica di gruppi maschili diversi bramanti l’arrivo delle donne. Non già le figurine putibonde in guanti di pizzo e ombrellino o le ingenue contadinelle che affollano la piazza, buone, se mai, per metter su famiglia o per scimmiottare qualche conquista galante, ma le ruvide, provocanti, scosciate e sguaiate sigaraie la cui anima seduttrice e perversa è Carmen, sex symbol ante litteram che accende le fantasie borghesi con un portato di sensualità fisica e verbale amplificato da una partitura orchestrale accesa e violenta, evocatrice e ammaliatrice. Scopriamo insieme questo personaggio che dal 1875 costituisce un archetipo dell’opera lirica e della femminilità. Prima ancora che sulle scene, Carmen vede la luce nella novella omonima pubblicata nel 1845 da Prosper Mérimée: un torbido quadretto in quattro parti che adombra relazioni adulterine e crimini passionali nel contesto di una Spagna accesa dal fuoco dei sensi. Un soggetto di per sé già scandaloso che però, aveva tutte le caratteristiche – adeguatamente sfrondato delle parti più “forti” – per intrattenere il pubblico di famiglie del Théâtre national de l’Opéra-Comique di Parigi che, nel 1873 aveva commissionato a George Bizet l’incarico di trarne un’opera. Il musicista e i librettisti Henri Meilhac

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