Villa Lante, racconto magico di acqua e di verde

Fra i più bei giardini italiani del ‘500, Villa Lante stupisce il visitatore con meravigliose fontane che costituiscono un interessante “racconto” allegorico del rapporto Uomo-Natura.

Di Alberto Piastrellini

Un’idea per una gita domenicale alla scoperta della bellezza nascosta nel nostro patrimonio storico architettonico, non disgiunto da suggestioni verdi è rappresentata dalla mèta di Villa Lante, divertente capriccio del ‘500 italiano a pochi Km da Viterbo nel piccolo centro di Bagnaia.

La visita alla Villa e al suo magnifico parco-giardino che ricadono fra i luoghi di cultura del Ministero per il Beni e le Attività Culturali – Polo Museale del Lazio offre la possibilità di immergersi in un contesto dove Arte e Natura convivono da sempre in un rapporto privilegiato mediato dalla presenza significativa dell’acqua utilizzata per costruire una sorta di messaggio cifrato nascosto nella presenza delle innumerevoli fontane che costituiscono l’attrazione principale del giardino stesso.

Un po’ di storia
Oltre 22 ettari di parco concepiti in primo luogo nei primi anni del ‘500 quando il Cardinale Raffaele Riario volle creare una sua personale riserva di caccia: il “barco”, cintando con un’alta murata la sommità di un intero colle.

I proprietari che si succedettero nell’arco di un secolo, ovvero i cardinali Niccolò Ridolfi, (1538 – 1550); Giovanni Francesco Gambara (1568 – 1587), Federico Cornaro (1587 – 1590); Alessandro Peretti Montalto (1590 – 1623) apportarono modifiche consone alle proprie diverse esigenze e personalità aggiungendovi vari ambienti adibiti ad abitazione, scuderie e casini di caccia seguendo i gusti e la moda del tempo in un gioco di sovrapposizioni di stili diversi.

Il tutto sino al 1656 quando Villa e Giardino passarono in enfiteusi alla famiglia Lante della Rovere che ne mantenne la proprietà sino al 1933.

Villa Lante: suggestioni verdi
Passeggiare nel Parco fra le selve di querce secolari, platani, cedri ed ippocastani cullati dal gorgoglio dell’acqua che fa da motivo conduttore per tutte le fontane che si susseguono lungo il braccio principale dell’insieme architettonico (il giardino sale a terrazze sino alla cima del colle), significa andare con la memoria a suggestioni ariostesche di dame e cavalieri seduti presso ninfei e assorti in bei conversari.

La grazia selvaggia di un angolo evoca l’immagine di vezzose altalene con damine rococò rubate alla tela di Fragonard… lecci fronzuti e platani monumentali offrono coi loro tronchi spaccati e scavati dal fulmine alcove improvvisate per arcadici e pudichi amanti… Altrove, geometriche siepi di bosso limitano i bordi di un labirinto verde dentro perdersi in compagnia di una bella Arianna senza timore di trovarvi un Minotauro.

Ovunque il gorgoglìo morbido e chioccio dell’acqua che cade, scorre e si getta, ora impetuosa, ora lenta e tranquilla, zampilla e si frange su rocce coperte di muschio e si sperde nell’aria a creare minuscoli ed improvvisi arcobaleni.

Non solo un semplice Giardino

Il giardino di villa Lante non è solo un luogo di delizie e bellezza, bensì il frutto di un potente progetto volto a magnificare la potenza terrena di chi lo ha voluto (il cardinale Gambara in primo luogo) e a celebrare la supremazia dell’Uomo sulla Natura.


In questo senso tutte le varie Fontane che sorgono a raccordare tra loro i diversi livelli in cui è suddiviso il pendio del terreno, si schiudono al visitatore – oggi come allora – come pagine di un libro di pietra che racconta tante storie vagamente riconducibili ad una sorta di profana allegoria della Creazione.

Naturalmente, oggi, il “viaggio iniziatico” alla scoperta del “racconto segreto” dei giochi d’acqua di Villa Lante, non tiene conto del normale percorso turistico che parte dall’ingresso nella parte più bassa per risalire verso la sommità del colle.  

Il racconto delle Fontane

Ma proprio da quassù inizia il “racconto”, dal “Monte della Pioggia” anche detto Fontana del Diluvio: uno scherzo architettonico in forma di rustico ninfeo di rocce e pietrisco sul quale si aprono sei grotte artificiali incorniciate da un intrico di rampicanti e capelvenere dal quale sgorga (nella parodia di una ideale sorgente), l’acqua captata ai piedi del Monte San Valentino.

La bassa vasca del ninfeo appare quasi coperta dalla vegetazione galleggiante mentre tutto l’insieme rustico di roccia, acqua e verde, apparecchiato dalla creatività dell’architetto, rimanda a quell’ideale di armonia arcaica fra uomo e Natura.

Da qui, seguendo il declivio del colle, si scende alla piccola rotonda di bosso che nasconde la Fontana dei Delfini (il cui nome deriva dalle otto coppie di mammiferi che ne caratterizzano il decoro principale), allegoria del Mare e del dominio delle acque sulla Terra durante il Diluvio.

La fontana, di forma ottagonale si offre allo sguardo del visitatore in un insieme armonico di vasche degradanti dalle quali ogni sorta di elemento scultoreo, vasi, mascheroni e rilievi, zampilla l’acqua che viene poi captata per sgorgare poco più in basso dalle fauci di un gambero di pietra (gioco allusivo sul nome del Cardinale committente), per defluire lungo il pendio in un sistema di elementi scultorei modulari concatenati fra loro a rimandare al corpo metamerico di un ulteriore gigantesco gambero  e fiancheggiati da una scalinata: è la Fontana della Catena.

La cascatella della Catena sfocia tra le chele di un terzo gambero nel terrazzamento successivo aprendosi nella monumentale Fontana dei Giganti che prende il nome dalle due grandi statue che raffigurano i fiumi Tevere ed Arno) sdraiate a fianco della vasca principale e allude ai buoni rapporti fra il papato e la potente Famiglia Medici di Firenze.

Dopo il caos del Diluvio e il predominio di Nettuno sul mondo, la Fontana dei Giganti rappresenta il tempo di Giove, l’età della Ragione in cui l’Uomo è chiamato ad assoggettare le forze della Natura per dominarle al proprio potere.

Davanti al complesso dei Giganti, si apre infatti un viale spazioso dominato da un’alta vasca con i bordi molto ampi; è la Tavola del Cardinale, una fontana di utilità pensata come gigantesca mensa all’aperto dove improvvisare conviti e banchetti usufruendo di un lungo “taglio” centrale dove l’acqua corrente serve da rinfrescatoio per frutta e vivande.

Il salto dalla terza alla seconda terrazza inserisce nel “racconto” l’elemento Fuoco con la Fontana dei lumini, ripida e scenografica serie di vasche sovrapposte caratterizzate da un decoro si finte “candele romane” che “fiammeggiano” acqua al posto del fuoco.

Da qui lo sguardo si apre sulla creazione maggiore di questo magnifico giardino: la Fontana del Quadrato o dei Quattro Mori. Al centro di un ampio pianoro una cornice di labirinti di boss incastona un quadrato d’acqua suddiviso in quattro bacini da altrettante passerelle balaustrate. Nel mezzo un triplice cerchio di vasche conduce lo sguardo verso il gruppo scultoreo che si eleva al centro dell’opera; quattro figure maschili in pietra locale scura detta peperino che reggono lo stemma di Sisto V caratterizzato da una stella a varie punte che spruzza acqua in ogni direzione.

Il “racconto” delle fontane ha raggiunto la sua fine: l’Uomo ha asservito il potere dei quattro elementi della Natura e si diffonde in ogni angolo del mondo!

La vista a Villa Lante e al suo Giardino prevede naturalmente un biglietto e per gli orari d’apertura ed eventuali prenotazioni si consiglia di consultare il sito www.polomusealelazio.beniculturali.it

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