Giacomo Leopardi: una vita tra amori negati, vagheggiati e disillusi

Nell’anno in cui si celebra il bicentenario de L’infinito tracciamo un breve ritratto delle donne che hanno incrociato la vita col celebre poeta-filosofo recanatese.

di Alberto Piastrellini

L’anno 2019 vede il nostro Paese celebrare due figure titaniche dell’arte e del pensiero: Leonardo da Vinci di cui ricorre il cinquecentenario della morte (2 maggio 1519, presso il castello di Clos-Lucé, Amboise, in Francia) e Giacomo Leopardi  (Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837), del quale si celebra il bicentenario della stesura definitiva de L’infinito.

Il celebre idillio, che per forma e contenuto supera i topoi della composizione romantica per anticipare tematiche e stili del ‘900, è universalmente riconosciuto fra le vette della poesia italiana e mondiale e, assieme ad altre composizioni somme come: La ginestra, La sera del dì di festa , Il sabato del villaggio e Canto notturno di un pastore errante dell’Asia ha contribuito più di ogni altro scritto del giovane recanatese a costruire, per i posteri, la figura del poeta malinconico e pessimista.

Poeta, certo, ma anche e soprattutto filosofo (nonché scrittore, filologo, glottologo), dal momento che la maggior parte della sua produzione letteraria ci è giunta sotto forma di pensieri scritti in prosa, primi fra tutti Lo zibaldone e le Operette morali, senza contare il corposo Epistolario (oltre 900 lettere scritte nell’arco della breve vita) che costituisce un’opera a sé, più che preziosa per comprendere non solo le vicende biografiche e personali dell’uomo-Leopardi, ma anche e soprattutto, l’evoluzione del suo pensiero in parallelo alle vicende storiche prerisorgimentali. 

Un pensiero, profondo nella sua chiarezza ancorché disilluso e poco incline alla speranza cui una certa necessità di approccio semplicistico e didattico, soprattutto in fase scolastica ha contribuito a tramandare un’immagine musona, triste al limite della pietà per questo individuo solitario, incompreso, bisognoso di attenzioni eppure ruvido nei rapporti sociali, apparentemente incapace di amare e di ricevere amore (niente di più lontano dalla verità, in effetti).

Eppure Leopardi amò, o per lo meno non si sottrasse alle offese di Cupido (del resto per quale motivo avrebbe dovuto; forse che la consapevolezza della propria preparazione culturale o della propria cagionevolezza fisica, financo delle proprie imperfezioni, ha mai impedito ad alcuno di provare attrazione fisica o sentimentale?).

A ben guardare la vita e gli scritti del giovane marchigiano varie donne ne hanno più o meno consapevolmente incrociato l’esistenza con risultati poco fortunati nella maggior parte dei casi, è vero, eppure non si può negare che talune di queste siano state, in qualche modo, stimolo creativo se non vera e propria fonte di ispirazione anche poetica.

Cominciamo dalla prima, la madre: la contessa Adelaide Aloisia Francesca Antici Leopardi, donna di temperamento severo improntato alla continenza degli affetti soprattutto in ambito familiare e fortemente caratterizzata da una visione cupa, austera e vagamente punitiva della religione. Al contrario del marito, Monaldo Leopardi, Adelaide fu una inflessibile amministratrice dei beni di famiglia. Non solo Giacomo, ma anche la sorella Paolina e il fratello Carlo ne hanno fatto un ritratto piuttosto negativo appena attenuato dal riconoscere nella madre forti virtù di coerenza.

Forse è da imputare proprio a questa oppressiva ed impietosa figura materna lo sviluppo nel giovane Giacomo Leopardi di un’idea tutta negativa della natura: distante, matrigna e maligna epitomata nella gigantesca immagine della Natura nel celebre “Dialogo della Natura e di un islandese”.

Paolina Leopardi, unica figlia dei 9 maschi Leopardi (molti defunti in tenera età), fu durante l’infanzia, l’inseparabile compagna di giochi di Giacomo e Carlo e con loro ebbe accesso ad una formazione culturale illuminata ed aperta (collaborò con il padre alla redazione di alcune riviste occupandosi di traduzioni, fu scrittrice lei stessa), quandanche associata ad un regime quasi reclusorio all’interno della casa paterna e sotto la stretta sorveglianza della madre. Fra lei e Giacomo esiste una fitta e delicata corrispondenza letteraria che testimonia l’affetto e la vicinanza fraterna.

Gertrude Cassi Lazzari, cugina pesarese da parte paterna rappresenta il “primo amore” di Giacomo, un sentimento sbocciato per caso e prematuramente appassito a seguito di un incontro avvenuto a Recanati nel 1817. Della genesi ingenua e onestissima di queste emozioni ci parla lo stesso recanatese nel Diario del primo amore e nell’Elegia I (in seguito inclusa nei Canti col titolo di: Il primo amore).

Fanny Ronchivecchi Targioni Tozzetti, avvenente nobildonna fiorentina, animatrice di un nutrito salotto letterario che attirava non pochi pettegolezzi stante la chiacchierata “leggerezza” della padrona… Il nostro se ne invaghisce perdutamente (non corrisposto) e si ingegna a regalarle autografi di suoi corrispondenti illustri dal momento che lei ne fa collezione… invano, chè la strategia non funzionò proprio. Tra l’altro fu proprio Fanny a ricordare come il povero Giacomo emanasse cattivo odore dovuto ad una scarsa propensione all’igiene personale… Dalla delusione scaturisce un ciclo di poesie sul disincanto dell’amore noto come Ciclo di Aspasia.

Maria Belardelli, umile tessitrice che abitava in una casetta prospicente il giardino di Palazzo Leopardi. Taluni esegeti riconducono a questa la Nerina de Le ricordanze , anch’essa, come Silvia, morta nel fiore degli anni ed evocata, nel testo poetico, quale momento felice di una giovinezza perduta densa di speranze poi rivelatesi illusioni

Infine: Teresa Fattorini, la Silvia del Canto a lei dedicato, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta di tubercolosi nel settembre del 1818. La breve parabola terrena della fanciulla unita al ricordo della sua delicata avvenenza diventa occasione, per il poeta, per riandare con la memoria al tempo della prima giovinezza chiudendo il periodare con la consueta riflessione sulla distruzione delle speranze e le illusioni giovanili.

Con D.M n. 20 del 30 gennaio 2019 il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha istituito il Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario de “L’infinito” di Giacomo Leopardi che si occuperà di programmare iniziative nazionali ed internazionali per celebrare l’anniversario e per diffondere la poesia di Giacomo Leopardi “come strumento etico di forza e di passione per unire popoli e nazioni”. Gli eventi, mostre, convegni ed altro, coinvolgeranno le maggiori istituzioni culturali e le Città Leopardiane: Recanati, Roma, Bologna, Milano, Pisa, Firenze e Napoli.

Un ulteriore stimolo per approfondire la vita e le opere di un grande pensatore e magari ampliare i semplici e un po’ didascalici ricordi di scuola alla ricerca di un uomo vivo, decisamente moderno e con coloriti tratti ironici oltre la pagina del libro.

Un commento

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *