La poetessa che ha sdoganato il ruolo della donna fuori dal matrimonio

“Prigioniera”: il libro scandalo che entusiasmò i lettori persiani.

C’è un nome di donna che, forse più di altri, ha contribuito a sdoganare, con il proprio vissuto e con la propria produzione artistica, il ruolo della donna al di fuori del contesto familiare. Ci si riferisce a Forough Farrokhzad, poetessa persiana venuta al mondo in epoca di grandi rivolgimenti sociali provenienti dall’alto. La sua anima anticonformista si rivela molto presto. Stando alla ricostruzione, pubblicata all’interno del volume dal titolo “Un mondo di donne” uscito con Pratiche Editrice, già a 16 anni la giovane nata a Teheran è fuori dalla casa paterna dove “si respira aria di progresso ma dove è soggetta a obbedienza assoluta”. Il primo passo nel cammino dell’emancipazione la vede sposa all’interno di un matrimonio “rifugio” con un uomo molto più anziano che la incoraggia a dare alle stampe le sue poesie.

L’altra faccia di questo matrimonio la vuole però “aderente al ruolo femminile e non ammette che la moglie possa primeggiare sul piano intellettuale”. Quasi inutile dire che lo spirito libero di “Forough”, come la chiamano nella sua terra, in breve tempo si sente in gabbia al punto da chiedere il divorzio, anche se ciò comporterà la rinuncia al figlio. Emblematico il titolo della sua prima pubblicazione di raccolta di liriche: “Prigioniera”. Un libro che le autrici Pusch e Gretter non esitano a definire scandaloso per l’epoca. Ma si sa che spesso dove c’è un indice puntato c’è anche una corrente di vita che scorre impetuosa. Sono sempre le autrici a scrivere che la raccolta “accende d’entusiasmo il pubblico persiano”. “Mai prima di allora – sono sempre le autrici a sentenziare -erano state messe in parola con altrettanta libertà sensazioni, aspirazioni e desideri, anche di natura sessuale, oltretutto a opera di una donna”.

Ma questo è “solo” uno dei passaggi della sua crescita; con una successiva raccolta poetica dal titolo “Rinascita” l’autrice crea qualcosa forse di unico in tutta la letteratura persiana. Se nelle prime opere i riferimenti autobiografici sono evidenti, questa raccolta uscita in un’età più matura, è in grado di “instaurare un dialogo con la società arrivando ad assumere un carattere universale”. Un ulteriore giro di boa si determina quando la poetessa incontra il cineasta Ebrahim Golestand, già sposato. L’amore che affiorerà tra i due sfiderà convenzioni e tradizioni e li accompagnerà fino alla morte prematura di lei. Questo incontro non sarà significativo solo dal punto di vista personale, ma anche professionalmente. La poetessa prende infatti a scrivere copioni per il cinema e impara ad usare la macchina da presa. Un suo documentario “La casa è nera”, su un lebbrosario viene premiato al festival di Oberhausen. Quasi superfluo aggiungere che la sua figura contribuì in modo determinante al rinnovamento della letteratura persiana del ‘900 e non solo.        

Di Maria Teresa Biscarini

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