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Claddagh ring, tante leggende un unico pegno d’amore

di Benedetta Giovannetti Il Claddagh Ring è un anello di fidanzamento irlandese formato da due mani, che rappresentano l’amicizia, che tengono un cuore, simbolo di amore, sormontato da una corona, che rappresenta la lealtà.  Il nome dell’anello deriva da un villaggio di pescatori situato proprio sulla baia di Galway chiamato Claddagh parola che in gaelico indica la sabbia rocciosa tipica della zona. I primi esemplari di questo anello sono dei veri e propri capolavori e sono in mostra presso il National Museum of Ireland a Dublino e il Victoria and Albert Museum a Londra. L’anello ha sempre avuto un significato profondo per moltissime persone a partire dagli irlandesi che nel XIX secolo furono costretti a lasciare l’Irlanda durante la carestia, per i quali l’anello era diventato l’unico legame con la patria e l’unica eredità familiare passando da madre a figlia primogenita per secoli. Molte le leggende legate a questo anello: la prima poco attendibile ma molto nota narra dell’amore non corrisposto di un re per una contadina, il nobile non accettando il rifiuto della ragazza si uccise ma prima chiese che sulla sua lapide venissero incise due mani intorno ad un cuore incoronato come simbolo di eterno amore per la fanciulla. Altre due teorie, sebbene distanti un secolo l’una dall’altra, riguardano i membri della famiglia Joyce di Galway. La più antica delle due risale al XVI secolo e racconta che il primo anello Claddagh fu un miracoloso e meritato regalo per Margaret Joyce. Domingo De Rona ricco mercante spagnolo che andava spesso a Galway per affari conobbe Margaret in una delle sue visite nella città se ne innamorò e poco dopo la sposò. Sfortunatamente subito dopo il matrimonio Domingo morì e Margaret ereditò le sue fortune. Anni dopo si sposò con Oliver Og French governatore di Galway che la lasciò

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Salvia: miti e leggende

Nel corso dei secoli la salvia è stata apprezzata e considerata un’erba sacra grazie alle sue numerose proprietà curative. Di Agnese Mengarelli La salvia viene utilizzata spesso in cucina per addolcire il sapore forte e robusto di certi carni, mentre in erboristeria è indicata per le sue proprietà antinfiammatorie, antisettiche, antisudorifere, astringenti, cicatrizzanti e digestive. È una delle piante più diffuse e utilizzate, ma in pochi conoscono i miti e le leggende legati a questa erba. È stata considerata un’erba sacra da diversi popoli e deriva il proprio nome dal termine latino salvus, “sano, in salute”, proprio in riferimento alle proprietà curative che in ogni epoca le sono state attribuite. Già i Druidi, convinti che le facoltà divinatorie della salvia aumentasse la loro capacità profetica e rituale, erano soliti aggiungerne alle loro bevande, come l’idromele o la cervogia. Per i Celti la salvia era la panacea di tutti i mali, veniva usata in numerosi disturbi ed erano talmente tante le aspettative per questa pianta da essere considerata utile persino a resuscitare i morti. Nell’Antico Egitto le si attribuivano anche doti afrodisiache e di fecondità, infatti, si racconta che Cleopatra la usasse per sedurre gli amanti ed era la pianta che rendeva le donne più fertili. Nell’immaginario medievale la salvia era considerata una sorta di rimedio universale ed era talmente importante da essere immagine della vita stessa del padrone di casa: se la pianta nell’orto era vigorosa, anche il padrone di casa godeva di buona salute e la famiglia era nella prosperità, ma se la pianta era appassita o secca, il capofamiglia era ammalato o addirittura morto. Associata con zafferano, cannella e aglio, la salvia diventava un potente talismano in grado di proteggere dai malefici e conservare la salute. Nella tradizione cristiana la salvia è legata alle vicende della Sacra Famiglia

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